Il deposito on-line della Pinacoteca di Faenza

La digitalizzazione del patrimonio favorisce la fruizione e una visione unitaria della realtà museale

Claudio Casadio - Direttore Pinacoteca Comunale di Faenza

Con una efficace descrizione, Antonio Paolucci afferma che "i depositi stanno al museo visibile così come i nostri organi interni stanno ai nostri occhi e alla nostra pelle. Devono semplicemente essere ben tenuti e resi visitabili a chi ha ragione e titoli per vederli, non al pubblico generico al quale i depositi, giustamente, non interessano affatto" ("Qui Touring", febbraio 2013).
Da questo punto di vista i depositi della Pinacoteca faentina stanno molto bene: organicamente inseriti nel patrimonio e nella storia del museo più antico della città, spesso sono visitati da studiosi e nel loro insieme sono un luogo di gran fascino.
A consegnare questo risultato sono due diversi aspetti della storia della Pinacoteca: la sua origine e l'attività di volontariato svolta da grandi intellettuali come il conte Zauli Naldi e l'architetto Golfieri. Fin dalle sue origini, il lontano 1797, la Pinacoteca ha acquisito una sua importante peculiarità. Erano gli ultimi mesi del governo pontificio nelle Romagne, con l'ormai annunciato arrivo dei francesi e delle loro novità riformatrici dello stato, quando i rappresentanti della comunità faentina decisero l'acquisto della collezione di opere d'arte di Giuseppe Zauli. Con questa collezione, accompagnata nello stesso anno dall'acquisizione di dipinti provenienti dai conventi e dalle chiese soppressi in forza delle leggi napoleoniche, ebbe inizio la grande raccolta di opere oggi arrivata a varie migliaia di quadri, sculture, stampe, disegni e altri oggetti dell'artigianato artistico.
L'altra combinazione che rende fortunata la situazione faentina è dovuta all'attività svolta nel corso del Novecento prima da Luigi Zauli Naldi e poi, in modo più intenso, da Ennio Golfieri. Se nei depositi della Pinacoteca oggi è possibile vedere circa 1.500 quadri ben appesi nei muri, utili a dare un contesto storico al patrimonio della città, e migliaia di stampe e disegni ben sistemate in sette appositi armadi lo si deve in gran parte alla loro attività, aggiungendo quanto svolto negli ultimi due decenni del Novecento, dal direttore Sauro Casadei.
Tale situazione dei depositi va comunque mantenuta con una gestione che, nell'attività quotidiana, prevede lo svolgimento di quanto effettuato per le opere esposte. Si tratta cioè di quelle attività di catalogazione e di conservazione programmata che tengano conto sia dell'analisi dei rischi a partire dalle possibilità di furto e dalle condizioni ambientali per la sicurezza che della vigilanza e delle necessità di restauro. Un'attività che rende evidente come la realtà museale non sia fatta solo dalla parte espositiva ma che vive per una parte altrettanto significativa, se non quantitativamente più importante, anche per quanto riguarda la situazione dei depositi.
Ad aiutare questa visione unitaria delle realtà museale concorre sicuramente l'attuale processo di digitalizzazione del patrimonio artistico. La facilità con cui oggi si può procedere ad esempio alla documentazione fotografica relativamente sia alla produzione, ovvero allo scatto che non richiede più grandi competenze o attrezzature, sia alla diffusione che grazie alle reti informatiche è senza costi diretti, ha sicuramente cambiato il rapporto tra beni conservati nei depositi e beni esposti nelle sale pubbliche del museo. Oggi anche in Pinacoteca lo studio delle opere non è più fatto solo da pochi studiosi ma è una pratica che si e sempre più allargata e trova un riscontro sempre crescente. Grazie alla possibilità di trovare nella rete internet dati di opere conservate nei depositi, ad esempio grazie al Catalogo del Patrimonio Culturale messo a disposizione dall'IBC, la conoscenza del patrimonio museale è una realtà sempre più allargata. Anche la facilità di scambio della documentazione fotografica, tramite la posta elettronica o con sistemi ftp, consente una crescita di confronti e studi difficilmente ipotizzabile anche solo due decenni fa.
I cambiamenti in atto grazie all'uso dei sistemi digitali impongono un'attenta riflessione su questioni antiche che oggi possono portare a situazioni paradossali ma che potrebbero invece favorire nuove soluzioni organizzative. È il caso, ad esempio, dell'opportunità di unificare le basi dati tra sistemi culturali e la possibilità di ricercare possibili nuove soluzioni organizzative. Nuovi assetti rivolti anche a migliorare la gestione dei depositi, consentendone una riduzione dei costi, e un'evoluzione come ambito gestionale sia per i costi, che possono diminuire, sia per la valorizzazione, che può crescere in modo esponenziale.

Speciale Depositi museali - pag. 13 [2013 - N.47]

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