Le collezioni digitali secondo Klaus Kempf

La prima parte dell'intervista al direttore della Bayerische Staatbibliotek di Monaco di Baviera, responsabile del Dipartimento
Digital Library

Chiara Alboni, Chiara Storti - Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino

Lo scorso 14 giugno la Rete Bibliotecaria ha invitato a Ravenna Klaus Kempf per una Lectio Magistralis sul tema delle collezioni nell'età digitale. A Kempf abbiamo rivolto qualche domanda specifica sul tema. La seconda parte dell'intervista la troverete sul prossimo numero di Museo in•forma.

Da molti anni si discute di "Biblioteca ibrida", un luogo dove possano coesistere media informativi di diversa natura. Pensa che tale definizione sia ancora appropriata per l'attuale situazione delle biblioteche, ammesso che lo sia mai stata?
La biblioteca ibrida non è solo un edificio al cui interno convivono media digitali e media classici, cioè stampati. Il patrimonio delle biblioteche ha sempre presentato materiali di vario tipo e provenienza. Ciò che oggi consideriamo "biblioteca ibrida" è invece un fenomeno sfaccettato e complesso. C'è sicuramente la questione del patrimonio bibliografico sia classico, che aumenta in quanto oggi si stampano libri più che in un qualsiasi altro momento storico, sia digitale, che cresce anch'esso in maniera esponenziale e che non può sempre considerarsi "pubblicazione" in senso stretto. Ma in particolare ci sono due aspetti fondamentali da considerare. Innanzitutto, c'è un cambio nel paradigma della biblioteca, che non fa più riferimento all'uso della sua collezioni ma considera il punto di vista dell'utente. Ci si chiede cioè come la biblioteca possa soddisfare in modo ottimale il fabbisogno dell'utente, al limite anche ricorrendo al materiale o alle collezioni di altre biblioteche o istituzioni, per le quali agire da intermediari; la collezione, finora punto di partenza per tutte le attività delle biblioteche, ha perso il suo monopolio. Il secondo aspetto, altrettanto importante, è che le biblioteche, con l'avvento del digitale e di internet, si trovano a non essere più i soli attori nel campo dell'informazione. I nuovi attori, come Google, offrono servizi che fanno concorrenza alle biblioteche perfino nel loro core business, ovvero nel prestito: Amazon, ad esempio, almeno in Germania, dà ai suoi clienti tre volte al mese libri gratis in prestito. Questa è la "biblioteca ibrida": una biblioteca in grado di gareggiare in questo scenario.

Molti bibliotecari si interrogano sulla questione della conservazione delle collezioni digitali, anche perché la biblioteca è percepita, in prima istanza, come istituzione deputata alla conservazione dei patrimoni documentali. Il timore che le collezioni digitali si perdano nel tempo induce addirittura alcuni bibliotecari a non acquistarle. È possibile ovviare al problema, sempre che di problema si tratti?
L'idea che la biblioteca ancor oggi debba essere essenzialmente un luogo di conservazione del patrimonio documentale è un'interpretazione puramente italiana, su cui si potrebbe discutere. I colleghi italiani sottostimano o non apprezzano nel modo giusto la ricchezza dei contenuti delle loro biblioteche. In Italia, almeno nell'area centro-settentrionale, le grandi biblioteche civiche storiche sono la memoria della relativa città e della relativa regione, e questo è forse il vero capitale su cui investire nel futuro. A prescindere da ciò, la reticenza a impegnarsi nel campo del digitale ha altre cause. A mio avviso, oltre al fatto che manca l'aspetto "tattile", uno dei problemi principali delle collezioni digitali - che riguarda tutte le biblioteche del mondo - è quello giuridico. Di queste collezioni, infatti, non è possibile acquisire la proprietà, ma solo il diritto d'uso, una licenza. Le collezioni digitali non entrano mai, in senso stretto, nel patrimonio della biblioteca; inoltre, ciò che i colleghi americani hanno sempre considerato un diritto, il cosiddetto resources sharing, oggi con un classico e-book e le licenze in vigore non è assicurato, ovvero non è possibile dare un e-book in prestito interbibliotecario. Si tratta di una grossa perdita, anche economica, perché il prestito interbibliotecario garantisce che un patrimonio sia utilizzato indipendentemente dalla sua collocazione fisica. Ma ci sono altri problemi. Non è facile, ad esempio, ricucire il workflow interno alla biblioteca del materiale elettronico: nelle biblioteche c'è un disperato bisogno di una riorganizzazione profonda, sia della struttura sia in particolare dei processi di lavoro. Inoltre non esistono, come nel mondo classico, partner ben definiti e conosciuti per gli acquisti, librai, agenzie per le riviste o altri fornitori di servizi. Nel mondo del digitale, d'altronde, il mercato è ancora in formazione, ma ci sono i cosiddetti "aggregatori" che vendono risorse come gli e-book. Sono problemi che i bibliotecari affrontano con difficoltà, perché devono dividere il sempre più piccolo gruzzolo riservatogli dal bilancio per soddisfare i bisogni di un'utenza sempre più individualista. Quest'ultimo, oltretutto, è un altro aspetto della "biblioteca ibrida", ovvero la forte emancipazione dell'utente dalla sua biblioteca. L'utente si comporta sempre di più come un cliente in un mercato commerciale, anche nei confronti di servizi che sono gratuiti, pensando di trovarsi di fronte a un'azienda. Ciò sottopone le biblioteche ad un forte stress, perché non sono ancora in grado di rispondere a questo tipo di domanda.


La pagina della Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino - pag. 7 [2013 - N.47]

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