Il marketing territoriale e la cultua

La conoscenza e i fattori immateriali come maggiore fonte di valorizzazione del capitale

Michele Rosco - Consulente di marketing culturale

Territori e globalizzazione
I territori sono protagonisti di quella nuova economia che si sta delineando in questo inizio di millennio. Il protagonismo dei territori è coerente con lo sviluppo di quella fase dell'economia di mercato che viene definita "globalizzazione". Possiamo definire la globalizzazione (J.E. Stiglitz, La globalizzazione e i suoi oppositori, 2006) non solo come la piena estensione dell'economia di mercato in tutti i luoghi geografici, ma anche come l'affermazione della sua logica in contesti in cui essa era assente, prima di tutto nel settore della pubblica amministrazione e dello Stato, che assume al suo interno le logiche del controllo dei costi, dell'efficienza, della qualità dei servizi. Questa logica dell'efficienza, e della concorrenza, investe i territori. In un mondo in cui denaro, merci e persone - con diversi livelli di libertà - girano vorticosamente, in cui l'integrazione dei processi produttivi è tale per cui un prodotto è spesso composto da pezzi fabbricati in diversi angoli del pianeta, ci accorgiamo che la competizione tra le imprese diventa competizione tra sistemi di imprese. Prendiamo, ad esempio, il turismo: il viaggiatore sceglie una località da visitare tra tantissime offerte che la competizione globale gli propone con analoghe caratteristiche e con costi confrontabili. Gli operatori turistici di queste località finiscono per allearsi tra di loro per attrarre il turista globale, gli albergatori con i ristoratori, i gestori dei servizi di trasporto, e così via; la loro alleanza viene prima della loro concorrenza, che si attua solo dopo che il turista ha scelto la località da visitare. In tale competizione tra località, inoltre, entra in gioco anche il sistema di governo del territorio, perché solo così è possibile coordinare le attività di promozione con le politiche e gli investimenti necessari a rendere attrattivo il territorio stesso.
Che ruolo gioca la cultura in questo? Un ruolo/chiave, legato a un altro aspetto costitutivo della nuova economia: la centralità della conoscenza. La conoscenza e i fattori immateriali diventano la maggior fonte di produttività e dunque di valorizzazione del capitale. È la capacità di accedere a nuove conoscenze che porta a maggior efficienza produttiva. Tra i grandi cambiamenti causati da questa nuova dimensione della produttività c'è la riemersione dei territori e delle società che li abitano. "Oggi ci si rende sempre più conto che una parte sempre più importante delle conoscenze è localizzata, ossia legata ai luoghi in cui ha preso forma e in cui viene riprodotta e rinnovata nel corso del tempo" (E. Rullani, Sistemi territoriali e apprendimento localizzato, in L. Biggiero, A. Sammarra, Apprendimento, identità e marketing del territorio, 2002). La globalizzazione, coniugandosi con la centralità della conoscenza, ha riscoperto dunque i luoghi come catalizzatori di significati condivisi. La località, il territorio, diventano il luogo privilegiato dello scambio di conoscenze, che per sua natura ha un carattere anche di gratuità, perché si sottrae al mercato in senso stretto, considerato il suo diffondersi sociale tra la comunità di uno specifico luogo. La globalizzazione centrata sull'economia della conoscenza dà rilievo alle località, è questa una delle conseguenze più inattese in un mondo che si immaginava fosse segnato dalla omogeneizzazione. Sono i sistemi locali i nuovi protagonisti della competizione.
Ecco delineati i termini della riflessione: i territori assumono un ruolo nella competizione globale, perché diventano essi stessi soggetti di competizione, nella loro necessità di attrarre risorse che valorizzino il territorio stesso. Questa competizione crea dei sistemi locali di offerta, che coinvolgono non solo i soggetti privati e le imprese, ma anche quelli pubblici. Infine, tale competizione è segnata dalla centralità dei fattori immateriali, e della conoscenza in particolare, elemento che delinea in modo nuovo il territorio, non solo configurato in modo geografico o amministrativo, ma anche come luogo di sviluppo e di scambio delle conoscenze.

Il marketing territoriale
Il territorio divenuto luogo della competizione avrà bisogno di una serie di attività e processi che riescano a promuoverlo e a valorizzarlo e questo è il compito del marketing territoriale, disciplina che nasce dal marketing aziendale, ma presenta una serie di differenze che lo rendono originale. "Il marketing territoriale è l'analisi dei bisogni degli stakeholders e dei clienti/mercati, volta a costruire, mantenere e rafforzare rapporti di scambio vantaggiosi con gli stakeholders interni (marketing territoriale interno) e con i pubblici esterni di riferimento (marketing territoriale esterno), con lo scopo ultimo di aumentare il valore della risorsa territorio e l'attrattività della risorsa stessa, attivando un circolo virtuoso soddisfazione-attrattività-valore" (F. Ancarani, Il marketing territoriale: un nuovo approccio per la valorizzazione del territorio, 1996).

Questa definizione ci conferma come il ruolo dei portatori di interesse territoriali (cittadini, associazioni, scuole e università, imprese) è decisivo: la prima politica di marketing è rivolta a questi soggetti, perché la loro mobilitazione e il loro coinvolgimento non è scontato, ma va conquistato e mantenuto nel tempo. Il territorio esiste dal punto di vista della sua riconoscibilità, esiste se qualcuno lo identifica e lo distingue dagli altri luoghi; questo comporta la necessità che gli abitanti e i portatori di interessi in una località si riconoscano come appartenenti a quel territorio, che si identifichino nei suoi propri valori. È dalla cultura che parte il marketing territoriale, perché solo la cultura può definire le caratteristiche distintive del territorio. Ma la cultura, intesa come insieme di valori e di narrazioni su una località, è anche elemento di attrazione di visitatori, e quindi arriviamo al secondo elemento del marketing territoriale: i clienti/mercati. Non si visita una località che non sia definita chiaramente da un punto di vista culturale, che cioè non sia descrivibile e narrabile; la cultura come attrattore non è dunque da intendersi solo come patrimonio di beni artistici, naturali e paesaggistici, ma anche patrimonio di storie, leggende, personaggi, narrazioni, film, romanzi che parlano di un luogo: la cultura è momento primario di attrazione anche nella località (ne esistono in Italia?) completamente prive di "beni culturali" normalmente intesi.
La cultura infine rende piacevole una località, la rende più accogliente non solo per i visitatori occasionali, ma anche per i potenziali cittadini. Se è vero che una località si sviluppa secondo la sua capacità di attrarre talenti, e cioè cittadini dotati di qualità esclusive, la cultura raggiunge anche questo risultato.
Per compiere queste funzioni occorre lavorare per costituire reti e per inserirsi in reti esistenti. Reti corte innanzitutto; occorre cioè lavorare con modalità e obiettivi che coinvolgano gli stakeholders locali: è con gli altri operatori che si possono fare politiche di successo, è coinvolgendo, e facendosi coinvolgere, in attività di sistema locale che si può ottenere ruolo e visibilità. Ed è nella rete che si ottiene senso, è nella relazione che si individua la propria identità, non nella contemplazione del proprio passato e nella ricerca archeologica delle proprie radici. Questo è ancor più vero se si ragiona in termini di reti lunghe, le reti che mettono in comunicazione enti e organizzazioni che operano in diversi territori, in altri settori. Perché l'identità si costruisce nella contaminazione, l'identità è progetto, è proiezione nel futuro e per questo occorre lavorare in collaborazione con altri, occorre mettersi in discussione, aprirsi, perdere qualcosa per guadagnare molto. Ecco che l'identità è un obiettivo che una comunità si deve dare, e questa è una delle più importanti responsabilità di chi governa un territorio. È una sfida di marketing trovare un progetto su cui mobilitare una popolazione e tutti gli stakeholders. Serve un progetto perché l'identità non è un'operazione antiquaria, in cui occorre portare alla luce le radici e preservarle, in una visione tutta difensiva dell'identità. Solo un progetto, una prospettiva condivisa, un obiettivo da raggiungere segnano la ricerca identitaria e la legittimano. E serve il marketing per concepire l'operazione in ottica di competizione con altri territori, che lavorano sullo scenario globale per attrarre risorse anche grazie all'identità.


Contributi e riflessioni - pag. 20 [2013 - N.46]

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