Guerrino Tramonti e la magia del colore

Il Museo Internazionale delle Ceramiche dedica una mostra antologica a un artista vulcanico e controcorrente

Federica Giacomini - MIC di Faenza

Da sempre nel mondo dell'arte ci sono state figure di uomini, donne: artisti in grado di cavalcarne la fenomenologia e appropriarsene attraverso l'elaborazione di una connotazione linguistica ad essi unicamente assimilabile, come nel caso di Guerrino Tramonti.

Personaggio definito malinconico e schivo, si era formato alla Scuola Regia per la Ceramica di Faenza allievo di Anselmo Bucci e Domenico Rambelli. La vicinanza con Ercole Drei e Libero Andreotti ne influenza la poetica coeva, già tuttavia connotata dal culto dell'armonia e della bellezza costanti nella sua intera opera. L'ammirazione e la vicinanza a maestri quali Martini e De Pisis indirizza la sua adesione alla purezza dell'arte plastica e pittorica, consentendogli di mitigare nuove forme e cromatismi attraverso un talento che in seguito non avrebbe resistito al fascino della sensuale mediterraneità picassiana o di Leger, che Tramonti conobbe a Vallauris nel 1952. Il frutto di tali esperienze confluirà verso una chiave di lettura espressamente grafica grazie alla collaborazione Franco Gentilini.

Artista unico nel panorama nazionale, nonostante le immediate attestazioni di merito, fu spesso sottovalutato, per non dire snobbato, dai suoi stessi concittadini. Poco avvezzo al potere, ribelle ad ogni forma di omologazione, si servì spesso del mezzo ceramico per esprimere posizioni controcorrente dalle quali sembra emergere una personalità vulcanica e passionale, che non indulge in facili contaminazioni, pronta a cogliere i segnali forti di un cambiamento epocale contribuendo, a suo modo, a connotarlo. I segni che compongono i suoi rebus assumono l'aspetto di microcosmi perfetti. Sublimità di simboli e purezza di forme che tornano semplici e possenti ad un tempo. Figure zoomorfe, grossi gatti al'apparenza innocui e sornioni ma sembrano celare dietro lo sguardo fisso ed apparentemente vuoto il primigenio mistero che da sempre li accompagna.

Ortaggi, bottiglie, nature morte che vivono entro la purezza della luce che le scopre nel loro nitore chiaro ed essenziale nei simboli e nelle forme. La continua ricerca sulle potenzialità della ceramica, la sperimentazione nella cottura ad alte temperature, l'utilizzo di vetrine a grosso spessore...gli hanno permesso di ottenere effetti che l'abusato termine "decorativo" potrebbe quasi sminuire. L'ottenimento di piani sfalsati su di un'unica superficie, per di più su un oggetto comune come un piatto, una ciotola o quant'altro, hanno fatto dell'arte di Tramonti una cifra ben identificabile nella storia della ceramica del nostro secolo.

L'eloquente gamma cromatica, il continuo alternarsi di lunghe pennellate e frammentate ma decise geometrie rievocano talvolta immagini ironiche: ma se di ironia si tratta essa è sempre accompagnata da una chiave di lettura colta e delicata, in una sorta di rebus dove è impossibile distinguere l'inizio dalla fine. La ruvida grammatica che dalle parole si fonde sublime in forme, figure umane che, laddove presenti, appaiono nella loro totale assenza di prospettiva una moderna citazione delle imperatrici bizantine, la cui consistenza musiva sembra trovare la più viva corrispondenza nelle corpose e spesse cristalline attraverso cui Tramonti ha creato dei veri giochi di specchi su falsi piani.

Nella sua arte ironia, gioco e realtà sembrano confondersi, o addirittura fondersi in un insieme in cui il reale e l'astratto si muovono su labili confini. E l'artefatta naturalezza delle forme e dei gesti di Tramonti sembra il mezzo scelto per affrontare il quotidiano. La mostra ha una chiave di lettura intimista che offre al visitatore un quadro completo dell'opera dell'artista. Sembra svelare l'anima di un artista che ha saputo far convivere i contrasti armonizzandoli in un linguaggio unico ed inconfondibile. Ogni tanto è necessario essere infelici per poter essere naturali, scrive ancora Fernando Pessoa.

A vent'anni dalla morte e dopo i recenti e meritatissimi tributi nipponici, il MIC celebra l'artista faentino con una mostra antologica, aperta fino al 6 gennaio 2013, offrendo la collocazione ideale per esaltare il naturale dialogo delle superfici "tramontiane" con la luce che, pura, filtra attraverso le architetture avvolgendole.


Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 23 [2012 - N.45]

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