Conversazione non troppo formale con Gian Arturo Ferrari

La seconda parte dell'intervista al presidente del Centro per il librio e la lettura in merito allo stato dell'arte della lettura in Italia alla sua promozione

Chiara Alboni, Chiara Storti - Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino

Il 21 maggio 2012 la Provincia di Ravenna ha organizzato la presentazione del volume di Antonella Agnoli Caro Sindaco parliamo di biblioteche; tra gli intervenuti, anche Gian Arturo Ferrari, per molti anni direttore generale della Mondadori e ora Presidente del Centro per il libro e la lettura, a cui abbiamo posto qualche domanda.

Nello scorso numero di Museo-informa avevamo lasciato il Professore che auspicava un futuro per le biblioteche come centri attivi di promozione della cultura, ovvero luoghi dove si fanno delle cose belle, divertenti, piacevoli e intelligenti. Un po' quello che Sergio Dogliani è riuscito a fare con i suoi Idea Store in Gran Bretagna: centri polivalenti aperti sette giorni su sette, architettonicamente moderni ma che soprattutto che non ospitano soltanto milioni di libri ma anche corsi di formazione, mostre, incontri, opportunità per il tempo libero e attività per i bambini. Insomma, proprio luoghi dove si fanno delle cose belle, divertenti, piacevoli e intelligenti. Di seguito la seconda parte della nostra chiacchierata.

Per incentivare la lettura, si può pensare ad utilizzare tecniche di marketing tipiche dell'editoria. Data la sua ventennale esperienza, cosa ne pensa?

Marketing vuole dire, in termine molto semplici, "soldi". Il marketing costa. In molte attività produttive il marketing è il costo più alto, ed è difficile che le biblioteche possano sostenerlo. Quello che le biblioteche devono fare è adottare qualche tecnica di marketing e quella fondamentale consiste nel mettersi dal punto di vista del consumatore. Le biblioteche, come tutto il mondo del libro in Italia, sono troppo didattiche, troppo autoritarie e "dall'alto", devono invece essere "dal basso" e cercare di capire cosa i loro possibili fruitori vogliono e apprezzano. I bibliotecari non devono giudicare i titoli richiesti dall'utente e dargliene di alternativi: il bibliotecario può pensarne quello che vuole ma se fa il bibliotecario deve essere fedele al suo mestiere.

Ancora sul rapporto tra editoria e biblioteche, un rapporto sottile e controverso. È possibile realizzare una cooperazione più stretta, più profonda tra editori e biblioteche o gli obiettivi degli uni sono troppo divergenti da quelli delle altre?

Le biblioteche sono un servizio pubblico, svolto al pubblico, pagato dal pubblico tramite le tasse dei cittadini. Le case editrici sono imprese private finalizzate a un profitto, non solo, ma anche a un profitto. È chiaro che hanno finalità e scopi diversi. È vero anche che in Italia più che in qualsiasi altro paese sono stati mondi totalmente separati e ostili. Gli editori pensano che i bibliotecari siano dei perdigiorno e dei nullafacenti, e i bibliotecari pensano che gli editori siano dei droghieri e dei salumieri che invece che vendere solo quello che dovrebbero vendere, osano toccare quella cosa sacra che sono i libri. Una delle cose fondamentali che gli editori da una parte e i bibliotecari dall'altra dovrebbero capire è che fanno entrambi parte di un unico mondo, quello del libro, svolgendo funzioni diverse e ben separate ma concorrenti al medesimo scopo. Questo è un cambiamento culturale profondo e difficile, una strada che bisogna percorrere altrimenti la situazione del nostro Paese non migliorerà.

La cultura è uno strumento fondamentale per la creazione di una cittadinanza attiva, soprattutto in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando: in che modo - secondo lei - la promozione alla lettura e i libri possono diventare veri e propri collettori di partecipazione?

Essenzialmente cambiando atteggiamento. Non parlo della totalità delle biblioteche, ce ne sono anche di nuove, belle e "avanzate" ma, in generale, la situazione delle biblioteche in Italia non è un granché. Di solito, le biblioteche sono migliori tanto più sono di piccole dimensioni o in piccoli centri, con personale esiguo ma appassionato. Invece non conosco in Italia grandi biblioteche che abbiano un'aurea di piacevolezza. È fondamentale agire su questo terreno: finché non cambierà la percezione generale della biblioteca e finché non diventerà un luogo piacevole in cui andare, sarà difficile che la gente le frequenti. Come in tutte le cose del nostro Paese, noi riusciamo bene nel piccolo ma non nel grande.

I cittadini-lettori si formano principalmente nelle scuole. Si potrebbe immaginare un lavoro sinergico tra Ministero dell'Istruzione e Ministero per i Beni Culturali, titolare del Cepell?

Questo è un tema ampio. A livello di Amministrazione Centrale dello Stato, le competenze afferenti al mondo del libro sono numerose, sparse e non coordinate. In parte sono del MiBAC, che esercita il proprio ruolo di coordinamento sulle biblioteche e sul Centro per il Libro, che è un ente di promozione; in altra parte riguardano la Presidenza del Consiglio dei Ministri, cui afferiscono il Dipartimento per l'Editoria e l'Informazione. Sotto un altro aspetto, ancora attengono al MIUR per i libri che non rientrano nella categoria di varia, ovvero la narrativa e la saggistica. Il libro scolastico rappresenta circa metà del mercato del libro in Italia, mercato che fattura circa 3 miliardi di euro all'anno. Infine c'è il MAE che si occupa della promozione del libro italiano fuori dall'Italia e della gestione degli Istituti Italiani di Cultura all'Estero. Questi non sono emanazioni delle Ambasciate o delle rappresentanze diplomatiche ma sono gli eredi delle antiche sedi estere del Partito Nazionale Fascista. Manca perciò una politica unitaria del libro, da anni reclamata non solo dalle biblioteche ma anche dagli editori.

Quali sono i progetti che il Centro per il libro e la lettura ha in agenda? Qualcosa in particolare per il nostro territorio?

Il progetto principale che riguarda il territorio della Provincia di Ravenna si chiama "In Vitro", un programma di avvicinamento alla lettura a partire dai bambini piccolissimi. Con "In Vitro" vogliamo sperimentare un modello di intervento attivo e coordinato su un territorio limitato e specifico. Un esperimento che verrà condotto su sei province italiane, e tra queste, appunto, quella di Ravenna.
Questo è un tema ampio. A livello di Amministrazione Centrale dello Stato, le competenze afferenti al mondo del libro sono numerose, sparse e non coordinate. In parte sono del MiBAC, che esercita il proprio ruolo di coordinamento sulle biblioteche e sul Centro per il Libro, che è un ente di promozione; in altra parte riguardano la Presidenza del Consiglio dei Ministri, cui afferiscono il Dipartimento per l'Editoria e l'Informazione. Sotto un altro aspetto, ancora attengono al MIUR per i libri che non rientrano nella categoria di varia, ovvero la narrativa e la saggistica. Il libro scolastico rappresenta circa metà del mercato del libro in Italia, mercato che fattura circa 3 miliardi di euro all'anno. Infine c'è il MAE che si occupa della promozione del libro italiano fuori dall'Italia e della gestione degli Istituti Italiani di Cultura all'Estero. Questi non sono emanazioni delle Ambasciate o delle rappresentanze diplomatiche ma sono gli eredi delle antiche sedi estere del Partito Nazionale Fascista. Manca perciò una politica unitaria del libro, da anni reclamata non solo dalle biblioteche ma anche dagli editori.

Quali sono i progetti che il Centro per il libro e la lettura ha in agenda? Qualcosa in particolare per il nostro territorio?

Il progetto principale che riguarda il territorio della Provincia di Ravenna si chiama "In Vitro", un programma di avvicinamento alla lettura a partire dai bambini piccolissimi. Con "In Vitro" vogliamo sperimentare un modello di intervento attivo e coordinato su un territorio limitato e specifico. Un esperimento che verrà condotto su sei province italiane, e tra queste, appunto, quella di Ravenna.


La pagina della Rete Bibliotecaria di Romagna e San Marino - pag. 7 [2012 - N.45]

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