Dante e il Mosaico

Una nuova sezione permanente a TAMO racconta le due eccellenze ravennati

Paolo Racagni - Curatore della mostra TAMO di Ravenna

Ho scritto TAMO sulla sabbia... sono i versi di una canzone popolare di grande successo scritta da Franco IV e Franco I nel 1968 ... e il vento a poco a poco se l'è portato via.
Oggi TAMO è scritto all'esterno della facciata della Chiesa di San Nicolò ed è un acronimo indelebile di "Tutta l'Avventura del Mosaico". TAMO non è un semplice museo, è una cittadella del mosaico che raccoglie in un viaggio meraviglioso le testimonianze di questa nobile arte dalle origini ai giorni nostri. Una nuova sezione racconta delle due eccellenze ravennati: Dante e il Mosaico.
Dietro la biblioteca Classense, affacciato sui "prati di Classe", era il laboratorio della bottega del "gruppo Mosaicisti" dell'Accademia di Belle Arti di Ravenna, ed è qui, in questi spazi, corridoio e ampia sala, pavimentati con tavolato grezzo, che tredici mosaicisti, nel 1965, realizzarono ventuno mosaici a soggetto dantesco. In questa "bottega", lo storico gruppo mosaicisti - Renato Signorini, Giuseppe Salietti, Alberto Melano, Zelo Molducci, Romolo Papa, Libera Musiani, Ines Morigi Berti, Sergio Cicognani, Santo Spartà, Sergio Pezzi, Giuseppe Ventura, Nedo del Bene, Carlo Signorini - creò questi capolavori, meraviglie dell'arte musiva ravennate, traendoli da cartoni ideati da un gruppo di artisti di fama internazionale.
Tradurre la pittura in "mosaico" è operazione complessa che non richiede, come erroneamente si potrebbe pensare, la sola diligenza dei copisti. È atto creativo, non paziente lavoro, perché il mosaico ravennate non è come quello romano o veneziano, composto a rovescio, ove le tessere tendenzialmente uguali sono allineate in modo meccanico in una superficie piana. Qui, ogni tessera è trasformata in una pennellata, è unica e diversa dalle altre, vive di vita propria, autonoma ed al contempo in armonia con le altre. Ha forma diversa dalle altre, come le foglie sull'albero sono diverse dalle sorelle, inclinata ora verso l'alto ora verso il basso, ora a destra ora a sinistra, in un dialogo di rilucenti sentimenti.
Ogni tessera coglie la propria luce, luce interna al materiale che la costituisce ed esterna: ora naturale ora artificiale, ora intensa ora soffusa, in un gioco di irrequieto cinetismo. In questi mosaici vive la grande personalità artistica dei loro esecutori: ogni singolo mosaicista, pur nel rigoroso rispetto del disegno preparatorio creato dal "pictor imaginarius", vi ha dato una traduzione connotata da personale e singolare sensibilità creativa. Chi, con maggior puntiglio, è restato fedele alla pittura, chi ha fatto sfoggio di abilità artistiche nel dominio dei rapporti cromatici, chi nell'invenzione e ricchezza del taglio delle tessere, sia per diversità di forma che di dimensione. Chi ha composto la superficie musiva "animandola" con le variazioni armoniche degli andamenti, personalizzando l'atto esecutivo, facendosi al tempo traduttore e interprete.
Ed è dentro il dualismo di questi termini, tradurre o interpretare, che si è sviluppata la ricerca di questi maestri mosaicisti e che, tuttora viva, resta nella centralità del dibattito della cultura musiva. La "traduzione" va intesa proprio dall'origine etimologica del termine risalente al latino "traducere": trasportare, condurre al di là, portare altrove, ed è proprio nel consegnare la pittura al mosaico, che i mosaicisti traduttori ricercano, nel trasporre la materia della pittura in materia di vetro e pietra, di mantenere la maggior fedeltà possibile al modello. Ne risulterà un'evidente dipendenza del mosaico in debito con la pittura. Gli interpreti, pur percorrendo lo stesso cammino, si avvalgono di "libertà poetiche" che il modello non prevedeva. A volte veri e propri "capricci". Si avrà spesso, nel secondo caso, un risultato di piena autonomia del mosaico, un'esaltazione del linguaggio musivo nei suoi caratteri più autentici, di superficie discreta creata dalla ripetizione differente delle tessere.
Un efficace strumento didattico è offerto dal video proiettato nella saletta blu che illustra l'influenza storica della Comedia nelle arti e nella cultura fin dall'editio princeps, la primissima edizione stampata a Foligno nel 1472. Da Boccaccio a Orcagna, Giotto, Botticelli, Delacroix, Blake, Doré, ai più vicini Manzù o Dalì, fino ai contemporanei Ceccobelli o Paladino, i temi danteschi - soprattutto l'Inferno - non hanno mai smesso di affascinare, di lanciare sfide, di ispirare grandi artisti, dalla pittura alla danza, fino alla musica rock e al teatro.


Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 20 [2012 - N.44]

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