Scultura ceramica

Il MIC festeggia 20 anni di sodalizio tra Mimmo Paladino e l'arte faentina

Federica Giacomini - Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza

Con la mostra dedicata alla scultura ceramica di Mimmo Paladino si conclude il ciclo di manifestazioni del MIC celebrative del Gruppo della Transavanguardia. L'evento è anche occasione per festeggiare un importante anniversario: sono passati ormai vent'anni da quando Paladino iniziò a realizzare le sue sculture ceramiche a Faenza, e in particolare alla Bottega Gatti, cui si deve il connubio felice e prolifico tra l'artista e la città. Qualunque riflessione su questa mostra non può infatti prescindere dall'importanza che l'artista ha avuto per Faenza: negli anni è nato un sodalizio che si è via via perfezionato fino a fare di Paladino il portabandiera di Faenza in un contesto artistico e culturale internazionale di massimo rilievo.
La mostra si snoda lungo tutto l'arco della produzione ceramica dell'artista campano, dai primi giovanili approcci con la terra fino al ciclo Suite Faenza realizzato appositamente per l'esposizione. La "stagione faentina" immortala uno spirito di grande sensibilità fatto di istinto e immediatezza e pone l'accento su temi ricorrenti della sua arte. Come l'iconografia dei dormienti, nuova e antica insieme, simbolo agiografico dell'attesa, che viene qui proposto sia come installazione che in forma di singole opere. O la rilettura, in apertura della mostra, dell'opera Meridiana esposta nella versione - fotografica - iniziale e nella presenza concreta modificata non dal tempo, ma dall'intervento diretto del'artista che sembra volerci ricordare che non vi è nulla di statico. Così l'imponente installazione del Treno invita a una riflessione sul passaggio da un tempo ad un altro. L'insieme dei simboli esistenziali raccolti su di esso sono il bagaglio di esseri le cui memorie viaggiano insieme alla fantasia del visitatore che ne può essere turbato o semplicemente incuriosito.
Il ciclo dei grandi Scudi anticipa ai visitatori quello che sarà la mostra: sorpresa e meraviglia per l'incontro con un'arte che è il frutto di un'interpretazione scultorea che sfida ogni forma di categorizzazione, in cui sembrano confondersi i confini tra natura, arte, e architettura. Di notevole impatto per forme e dimensioni, le opere appaiono uniche e irripetibili. In esse infatti confluiscono la maestria e l'indomita curiosità di un artista che della sperimentazione ha fatto la propria cifra stilistica.
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus (la rosa primigenia esiste nel nome, noi possediamo - soltanto - nudi nomi). I numerosi Senza titolo inducono a pensare che la scultura di Paladino trascenda il presente: si pone al centro di epoche diverse e lascia lo spettatore libero di leggere nell'opera ciò che vede o vuole vedere. Il visitatore entra nella mostra e può farla propria interpretandola liberamente; si misura con un universo sensibile e profondo in cui perdersi non è paura ma fascinazione.
Il lessico di Paladino appare colmo di rimandi all'arte e alla letteratura classica, ispirato alle grandi civiltà del bacino del Mediterraneo: gli elmi, poggiati con apparente casualità, sembrano cantare il meritato riposo di antichi guerrieri dopo cruente battaglie, riportandone volti ed espressioni. Sono la memoria di eroi perduti i cui nomi ricorrono nei vasi della serie omerica quasi a celebrare le azioni di epici eroi, laddove il furor di'inclite gesta risuona muto nei simboli che trasfigurano l'epos in icona. Le sculture diventano supporto per oggetti che fissano l'attenzione sulla memoria degli esseri e dei mondi a cui sono appartenuti, come nelle Suite, in cui sembra enfatizzarsi il vagare lungo percorsi urbani alla ricerca di oggetti che celebrano la città per la quale sono stati creati. Il timbro poetico apparentemente scarno ed essenziale non prevale sul colore: semplicemente la materia ruvida e primitiva sublima nelle forme e nei toni ad essa più congeniali.
La mostra faentina è un tributo ad un'icona del nostro tempo, ad un artista dal talento indomito, animo mai sazio di esperienze, poco incline all'effimero, piuttosto rivolto all'universo materiale fatto di segni che diventano il timbro di un'arte pura come la terra con cui sono realizzate. L'evento è stato reso possibile grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna e di Banca di Romagna.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 19 [2012 - N.44]

[indietro]