Via Pasolini 23

Il fabbricato, costruito nel 1781 su disegno del Camillo Morigia come sede delle Scuole pubbliche di Ravenna, fu poi occupato per 69 anni dall'Istituto musicale "Giuseppe Verdi"

Andrea Maramotti - Responsabile della Biblioteca dell'Istituto Musicale "Giuseppe Verdi"

La costruzione della nuova sede delle Scuole Pubbliche fu approvata con un chirografo di Pio VI del 1781: il cardinal legato Luigi Valenti Gonzaga - alla cui iniziativa doveva ricondursi l'impresa - si valse della collaborazione dell'architetto ravennate Camillo Morigia, che curò il progetto. Dal 1910 la palazzina di Via Pasolini 23 fu poi occupata dall'Istituto musicale "Verdi", trasferitosi nello stabile di Via di Roma nei primi mesi del 1979. E a tutt'oggi attende una ristrutturazione e una destinazione che la riconsegni alla città, facendola rientrare nel circuito istituzionale della fruizione. C'è attesa per queste scelte, che tanti cittadini sentono come improcrastinabili, per il valore storico-architettonico del manufatto, che valse al Morigia anche un'ode latina di Giovan Battista Orioli (Ad nobilissimum & ornatissimum virum Camillum Morisium…), e per le diverse finalità ipotizzate, anche se, in tal senso, il nodo sembra sciolto. Quanto al primo, in riferimento alla concezione del lavoro, sono stati stabiliti legami con esempi dell'architettura britannica del tempo, in particolare con la casa del generale Wade, opera di Richard Boyle. Le varianti introdotte nel progetto del Morigia paiono motivate da una semplicità forse anche suggerita da ragioni economiche. Non sapendo però con certezza se Morigia conoscesse quei caratteri della coeva architettura inglese, si può in ogni caso ipotizzare una comune derivazione dal classicismo veneto del primo Settecento, che il ravennate sicuramente conosceva. Sulle finalità possibili credo che l'elenco degli obbiettivi non sarebbe mancato. I settecento metri quadrati (poco più) dell'immobile hanno ospitato per quasi settanta anni il "Verdi", dunque una parte importante di storia cittadina. In quelle aule, alcune delle quali affacciate su un cortile interno, sono passati i numerosi docenti e i tantissimi allievi che hanno rappresentato la vita musicale ravennate, e non è fuori luogo ricordare come Ravenna e il proprio Istituto musicale presentino una relazione profonda, legami consolidati, di lunghe radici. Il "Verdi" nacque infatti come "Accademia Filarmonica" nel 1826, e se Angelo Mariani ne fu l'allievo più illustre, formandosi nell'ambiente di due maestri come Casalini e Nostini, non dovette essere estraneo alle lezioni dei Filarmonici neanche Gioachino Rossini, che ebbe un rapporto significativo, ricostruito storicamente in modo puntuale, con esponenti della società ravennate, nei primi anni dell'Ottocento, e che in queste zone compose pagine importanti del suo catalogo strumentale giovanile. È infatti Silvio Busmanti, consigliere e vice-segretario dell'Accademia dei Filarmonici nella seconda metà dell'800, ad annotare che essa "die' i primi rudimenti a Gioacchino", cosa che dimostra inoltre come l'Accademia preesistesse - e da tempo - al suo atto costitutivo. Nel '26 si sa quale astro era Rossini. Sarebbero tanti i nomi da ricordare, molti dei quali appartengono, anch'essi, alla storia. Fermandosi al periodo della sede di Via Pasolini basterebbe pensare a Francesco Balilla Pratella, che fu direttore dell'Istituto dal 1927 al '45, il cui nome, se entra nella storia della musica per la partecipazione al Futurismo, non è meno noto per il grande lavoro compiuto nel campo dell'etnofonia e dello studio delle tradizioni popolari. E si potrebbero ricordare alcuni titoli: Etnofonia di Romagna, Saggio di gridi canzoni cori e danze del popolo italiano, Primo documentario per la storia della etnofonia in Italia, Saggi di comparazione etnofonica. Al "Verdi" Pratella detta anche un nuovo regolamento, col quale s'introduce l'insegnamento della storia della musica. Il maestro romagnolo svolse inoltre un ruolo significativo come promotore e animatore della vita musicale cittadina. "Basti ricordare - come ha scritto Pier Paolo D'Attorre - il rapporto con il patrimonio monumentale ravennate ai fini di una moderna ambientazione dell'evento musicale, avviato già nel 1928 con i due concerti di musiche italiane per coro (150 voci) e orchestra (40 elementi) eseguite in S. Apollinare nuovo, e proseguito nei decenni successivi." Il primo direttore del "Verdi", già nella "nuova" sede, era stato Mario Guagliumi, docente di pianoforte per lunghi anni, dal 1906 al '52. Nel 1913 si era infatti ritenuto necessario incaricare un musicista della direzione, fino a quel momento affidata a un funzionario del Comune. Un'altra scuola rimasta celebre fu quella di Angelo Zanzi, insegnante dal 1890 al 1926 degli "Strumenti a fiato d'ottone", e senz'altro da ricordare fu il magistero di Amleto Fabbri, titolare della cattedra di violoncello istituita nel 1912. La figura di Fabbri occupa un posto centrale fra le personalità che hanno conferito fama e lustro all'Istituto: per oltre quaranta anni si formarono al suo insegnamento numerosi violoncellisti che si distinsero nella professione musicale. Nel 1976, col riconoscimento del pareggiamento, si apre una fase nuova: l'Istituto viene finalmente equiparato ai Conservatori di Stato; oggi conta 185 studenti, ed è sede di una biblioteca specializzata. Sulla destinazione dell'immobile il corso delle cose registra una significativa novità proprio da quest'anno. L'Università ha infatti individuato l'"ex Verdi" come un nuovo spazio: ospiterà il corso in Civiltà dell'Europa orientale e del Mediterraneo e l'Ufficio di Uniadron, l'organizzazione che unisce gli atenei del bacino adriatico e ionico (v. Gli studenti di Civiltà mediterranea all'ex Verdi, "Il Resto del Carlino", 116, n. 157, 9 giugno 2001, pp. 1 e 3). Il progetto, che coinvolge Comune, Fondazione Flaminia e Università, prevede l'inizio dei lavori di ristrutturazione entro l'anno. Non si può che esprimere soddisfazione e piacere per l'istituzione di nuove sedi universitarie; l'Università rappresenta un punto di fondamentale importanza per la città e per il suo futuro, e va dotata di luoghi e strutture che siano in grado di soddisfare tutte le necessità di una realtà in crescita. Rimangono aperte altre situazioni non indifferenti al problema "spazi", e si pensa, ad esempio, all'ordinata raccolta, in unica sede, di una documentazione la cui conservazione ha primario rilievo storico culturale: mi riferisco agli archivi - cartacei, fotografici, di registrazioni e di altri materiali - relativi alla secolare storia degli spettacoli e dei teatri ravennati.

Speciale edifici storici - pag. 10 [2001 - N.12]

[indietro]