Luciano Bentini

Figura di riferimento della ricerca speleologistica e naturalistica faentina degli ultimi cinquant'anni

Pier Paolo Biondi - Gruppo Speleologico Faentino

La costante ricerca di Luciano Bentini, unita a un'acuta analisi dei fenomeni naturali, gli ha sempre reso possibile trovare risposte adeguate ai molteplici quesiti che regolarmente, alle riunioni di gruppo speleo, gli proponevano. Attento ricercatore e raffinato bibliofilo, era veramente esperto nelle tematiche della ricerca speleologica e naturalistica, conoscenza che aveva acquisito in anni di studio appasionato.
Pensando a lui ricordo come iniziò la nostra avventura. Di ritorno a casa, appena libero dagli obblighi di leva (era stato tenente di artiglieria in Friuli) organizzammo la prima uscita extraregionale del costituito Gruppo Speleologico "Vampiro". Queste alcune frasi dal suo diario della spedizione in Abruzzo, avvenuta nell'agosto del 1963, pubblicate in Speleologia Emiliana anno II n. 1: "... abbiamo letto tutte le pubblicazioni sul Gran Sasso e sull'Appennino Abruzzese che abbiamo trovato, ma le notizie relative alle grotte sono molto scarse. ... nelle potenti pile di strati calcari dell'Appennino Abrezzese grotte ne devono esistere molte e se avremo fortuna qualcosa di interessante troveremo".
Negli anni precedenti la spedizione avevamo conosciuto in Brisighella G.B. Morning, solitario peleologo triestino che, nel dopoguerra, aveva ripreso le esplorazioni nell'area carsica, interrotte negli anni '40. Naturalmente, in occasione di ogni licenza militare, Luciano era dei nostri e, con una vecchia Balilla riverniciata mimetica, ci univamo al Mornig per le nostre esplorazioni in grotta.
Fu in quelle occasioni che si consolidò l'intenzione di autonominarci "Gruppo Speleologico" denominato per non essere troppo seri e impegnativi, "Vampiro". L'andare con Morning ci permise di conoscere ed esplorare le pieghe più riposte della Vena e incentivò ancor di più Luciano nella ricerca di ogni traccia storica, lasciata da precedenti esplorazioni, per riprenderla e proseguirla. La raccolta, non solo di fonti bibliografiche, ma di qualsiasi reperto che meritasse curiosità, fu per lui una costante. Nulla veniva dimenticato in uno scaffale qualsiasi, ma veniva ritrovato e ripreso per lo studio e il confronto, anche a distanza di anni.
La necessità di accentrare in un unico luogo reperti, bibliografie, foto, materiali per l'esplorazione si fece presto pressante e fu necessario un nostro punto di ritrovo che non fosse una panchina lungo il Viale della Stazione. Questo ci portò ad occupare alcune sale sopra l'attuale sede del Rione Rosso in Faenza. Riparammo alla meglio i gravi danni che l'edificio aveva sofferto nel corso degli ultimi bombardamenti e mentre allestivammo scaffali e bacheche, liberando così spazio prezioso nelle nostre singole abitazioni, si andò consolidando il primo nucleo del Museo Speleologico Romagnolo. Questo Museo sotto l'indiscutoibile regia di Luciano, si è consolidato nel tempo fino a divenire parte integrante del Museo Civico di Scienze Naturali di Faenza, gestito, recentemente, proprio dal Gruppo Speleologico su mandato dell'Amministrazione Comunale.
Alle prime spedizioni extraregionali di ricerca ed esplorazione in Abruzzo (1963-1964) delle quali fu animatore, seguirono le ricerche sul territorio della Repubblica di S.Marino e, in collaborazione con l'Unione Speleologica Bolognese, in Sardegna, nel Sopramonte di Urzulei e Dorgali. Queste ricerche furono coronate da attente e minuziose relazioni, con approfonditi studi geologici e idrologici, che, spesso, permisero di prevedere i futuri sviluppi delle future esplorazioni spleologiche.
Caratteristici i suoi quadernetti di campagna, a copertina nera, sui quali veniva annotato tutto, dal diario di giornata agli schizzi sull'ambiente visitato. Nulla veniva tralasciato per documentare ciò che poteva servire per una futura analisi. Per la tutela dell'ambiente e della natura fu sempre estremamente intransigente, scevro da qualsiasi forma di compromesso.
Avrebbe voluto trasformare in parco ogni ambiente come aveva potuto vederlo o immaginarlo in una vecchia foto d'epoca, intatto e non contaminato. I suoi attesi e temuti interventi nei molti convegni per l'istituendo Parco della Vena del Gesso Romagnola, ai quali partecipammo presso le comunità locali, non potevano avere immediato successo perchè erano troppo poco o per niente "politici".


Personaggi - pag. 17 [2012 - N.43]

[indietro]