L'Italia s'è desta 1945-1953

L'arte italiana del secondo dopoguerra in mostra al Mar

Davide Caroli - Responsabile organizzazione mostre temporanee MAR di Ravenna

Negli anni che vanno dal 1945 al 1953 l'arte in Italia vive quello che possiamo considerare forse il più vivace e animato momento culturale di tutto il nostro Novecento: nascono movimenti, vengono redatti manifesti, fervono dibattiti culturali che dividono in opposti schieramenti intellettuali e artisti.

Queste vicende sono raccontate nella mostra L'Italia s'è desta 1945-1953. Arte italiana nel secondo dopoguerra, curata da Claudio Spadoni, che ha preso il via il 13 febbraio scorso e che fino al 26 giugno sarà visitabile presso le sale del Mar.

Lo scenario temporale è delimitato da un lato dalla fine del secondo conflitto mondiale e dall'altro dalla grande mostra di Picasso in Italia, a Roma prima e poi a Milano, che, per molti aspetti, segna uno spartiacque fra il dopoguerra del rinnovamento, dei dibattiti culturali, delle costituzione di gruppi e movimenti, e la seconda parte degli anni Cinquanta. Per la prima volta viene offerto in un'unica mostra un quadro complessivo di quelle stagioni cruciali della storia artistica italiana. Un fermo immagine che registra non solo il nuovo che ribolle, ma anche la vitalità di ciò che il montare di quest'ansia di modernità europea andava relegando ad una ingiustificata considerazione marginale: pur da sponde diverse la premessa comune degli artisti italiani sembra essere la rimozione senza appello di quasi tutto ciò che era accaduto fra le guerre, comprese le opere di maestri come Carrà, De Chirico, Morandi, Sironi ed altri che la mostra documenta.

Ma questo evento espositivo è in primo luogo il racconto del voltar pagina di una generazione alla ricerca, affannosa e creativa, di nuove possibilità espressive che cambiano decisamente volto all'arte italiana, da Milano a Roma, da Venezia a Torino. Erano gli anni in cui gli artisti italiani più impegnati identificavano in Picasso l'imprescindibile alternativa europea alla chiusura provincialista e le sue opere rappresentavano un modello fondamentale della modernità, per linguaggio e contenuti ideologici. L'infatuazione Neocubista, secondo il modello di Guernica, trova riscontro in gran parte degli artisti, da Guttuso a Leoncillo, mentre il bisogno di un legame tra arte e oggettività si esprime nelle diverse forme di Realismo di Peverelli, Testori, Sassu.

Lo schieramento di maggiore visibilità fu il Fronte nuovo delle Arti, derivato da quella Nuova Secessione Artistica varata dal critico Marchiori col sostegno di Birolli. La modifica del nome rispondeva alle esigenze di garantire un comune coinvolgimento anche politico. Mancava la concordia sulle scelte linguistiche, e la frattura fra realisti e astrattisti si fece in breve insanabile per l'inopinato intervento del ben noto e autorevolissimo politico che si firmava col nom de plume Roderigo.

In ambito romano nel 1947 nasceva Forma 1, ovvero il gruppo astratto votato a Balla, a Kandinskij, con artisti come Accardi, Dorazio, Perilli, Turcato. Il frenetico bisogno di cambiamento che caratterizzava le vicende della ricerca non figurativa, trovava riscontro ancora a Roma intorno alla Gruppo Origine con Burri e Capogrossi e a Firenze con il Gruppo dell'Astrattismo Classico, entrambi nati nel 1950.

Intanto a Milano Fontana nel 1947 dava vita allo Spazialismo insieme a Crippa e Dova e l'anno dopo, sempre nel contesto milanese ricco di fermenti, nasceva il MAC Movimento Arte Concreta, composto fra gli altri da Dorfles, Munari e Sottsass. Nel 1952 Baj, Colombo e Dangelo sottoscrivevano il Manifesto della pittura Nucleare, e nello stesso anno Venturi presentava il Gruppo degli Otto, con la formula dell'Astratto Concreto. Un particolare risalto viene dedicato anche a coloro che portarono avanti ricerche personalissime come Burri, Carol Rama, Spazzapan, e alcuni giovani bolognesi come Romiti, Bendini, Vacchi, figure sostanzialmente isolate rispetto ai gruppi ufficiali.

Tra le sezioni che in mostra documentano tutte queste diverse esperienze trova spazio anche il racconto della situazione della scultura italiana di quegli anni, con un tentativo di risposta alla domanda posta da Martini in un suo celebre scritto La scultura lingua morta. Pur concentrata sull'arte, la rivisitazione degli otto anni che traghettarono l'Italia alla contemporaneità trovano in mostra esempi di intersezioni con le altre arti, come il cinema, per ricostruire l'immagine estremamente composita di una Italia nuova.

Per informazioni: tel.0544482477, www.museocitta.ra.it.


Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 17 [2011 - N.40]

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