Tessuti copti in mostra

I preziosi reperti tessili dell'Egitto copto escono ciclicamente dal deposito per mostrarsi al Museo Nazionale

Federica Cavani - Museo Nazionale di Ravenna

A ormai quarant'anni dalla collocazione in deposito dei tessuti copti e a vent'anni dall'ultimazione dei complessi restauri dell'intera collezione tessile formata da oltre un centinaio di reperti estremamente diversi per tipologia, provenienza e datazione, sono riesposti ciclicamente al Museo Nazionale alcuni frammenti di stoffe.

Non molti anni dopo la fondazione del Museo ravennate (1885), Emile Guimet, industriale e collezionista francese, già direttore del museo parigino di arte asiatica, donò la sua raccolta di stoffe provenienti dalla necropoli di Antinoe ai maggiori musei francesi ed europei, come quelli di Berlino, del Vaticano e di Ravenna, quest'ultimo scelto probabilmente per il suo carattere archeologico e per l'interessamento di Corrado Ricci che, seppur lontano dalla sua città natale, fu sempre pronto a valorizzarla.

Nessuna traccia scritta di questa cospicua collezione, di una trentina di reperti, arricchita da successivi acquisti sul mercato antiquario egiziano e da ulteriori donazioni, sembra sopravvivere negli archivi della Soprintendenza di Ravenna. L'unico ricordo ci è trasmesso dal giornale locale Il Ravennate - Corriere di Romagna del 21 dicembre 1902 che scrive come "frammenti di abiti di tela di canape [...] coi colori ancora intatti, coi disegni e ricami svariatissimi, con le figurazioni di scene di caccia e di santi" fossero stati donati quale testimonianza di un'arte lontana "di tempo e di luogo", frutto di una produzione tessile risalente al periodo dell'Egitto cristiano, tra III e VII secolo, che si protrasse fino al XII secolo.

Il termine copto deriva dalla parola araba Qibt, forma abbreviata della parola greca Aigyptios, Egiziano. Gli Arabi, infatti, utilizzarono questo termine per indicare gli abitanti dell'Egitto in opposizione ai Rum, i Bizantini (Rhomaioi). Oltre che nella pittura, i copti furono abili nella decorazione dei tessuti che dall'epoca faraonica, attraverso i secoli, rimase costante nei materiali, nella lavorazione e nella tecnica di filatura. Accanto ai motivi geometrici (come stelle, esagoni, cerchi) e a quelli vegetali (fiori, boccioli di loto, foglie e rami che si intrecciano), compaiono decorazioni di animali (soprattutto uccelli, lepri, leoni, pesci) e figure umane, spesso di ispirazione classica e pagana, o volti lontani da ogni senso ritrattistico con funzione meramente decorativa.

Fin dal XVII secolo le stoffe copte furono portate in Europa come curiosità ed espressione di un mondo esotico e misterioso, suscitando l'interesse di collezionisti che ancora nel XIX secolo le recuperarono con scavi non sistematici, tagliandole spesso a pezzi al fine di soddisfare le varie committenze. In epoca copta fu proprio Antinoe uno dei maggior centri di produzione di ceramica e di stoffe, che si distinse per uno stile ben definito caratterizzato da elementi antico-egiziani e influenze orientali e sasanidi, nonché da un'ottima qualità tecnica dei prodotti.

I tessuti del Museo Nazionale di Ravenna sono stati rinvenuti in contesti tombali, a testimoniare il loro utilizzo come abiti o parti dell'abbigliamento del defunto o come lenzuoli e cuscini funebri ricavati da coperte e tende parietali d'uso domestico. Oltre a decorazioni intorno al collo e al bordo, nelle tuniche potevano comparire inserti di forma circolare o ovale, orbicula, e di forma quadrata, tabulae, che venivano tessuti o applicati sulla tunica all'altezza delle spalle e delle ginocchia.

Stoffe di lino écru o di lana colorata presentano svariate decorazioni ottenute dall'impiego di fili di diverso materiale e di diverso colore, da ricami a punto piatto o lanciato, a intreccio, a bouclé, dall'uso di spolette volanti, di stampe ottenute con la tecnica dell'imprimeés, coprendo con sostanze impermeabili come cera o argilla le parti che non si dovevano decorare. La vivacità dei colori dei tessuti copti era dovuta proprio all'uso della lana, che, più sensibile ai mordenti, assorbe meglio i colori.

Il procedimento di tessitura dei tessuti copti più utilizzato, per i motivi decorativi, era quello della tecnica ad arazzo, che consisteva nel passare i fili di trama in modo da coprire completamente i fili dell'ordito e da creare con colori diversi vari disegni. Altre erano le tecniche, come quella a tappezzeria o ad "armatura unita", che potevano essere impiegate da corporazioni, botteghe imperiali (soprattutto alessandrine), proprietari terrieri e monasteri, che con maestria e fantasia si dedicavano alla produzione di questi caratteristici tessuti.


Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 20 [2010 - N.39]

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