La maiolica italiana di stile compendiario. I bianchi

Il MIC di Faenza ospita una mostra itinerante dedicata alle note maioliche cinque-seicentesche

Carmen Ravanelli Guidotti - Conservatore alle raccolte retrospettive del MIC di Faenza

Aperta al pubblico dal 24 aprile al 22 agosto 2010, la mostra "La maiolica italiana di stile compendiario. I bianchi", promossa e sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, intende analizzare la produzione maiolicata che ha avuto il maggior successo in Italia e in molte altre aree europee. Fiorita a Faenza verso la metà del '500, in pochi lustri la moda dei bianchi si diffuse in gran parte del territorio peninsulare e all'estero. Il loro successo è largamente attestato da umanisti, poeti e prosatori; per esempio, l'umanista faentino Pier Maria Cavina, alla fine del '600 riconosce alla rivoluzione dei bianchi quel segno, che ognuno sa, che tirò a se gli occhi di tutta l'Europa: dunque, se da una parte lascia intendere come si fosse ormai alla fine di un ciclo plurisecolare della maiolica, dall'altra però dà la misura della vastità della portata della fortuna delle maioliche bianche e polite, cioè di smalto candido e di forbita bellezza.
Per questa ragione il MIC celebrò i bianchi con una grande iniziativa del 1996, col desiderio di mettere a fuoco le linee fondamentali del fenomeno faentino conduttore, ma anche con l'auspicio di una successiva ripresa degli studi sull'argomento a raggio peninsulare: auspicio che ora è stato accolto con questa importante iniziativa dedicata ai bianchi italiani. La mostra ha il pregio di rappresentare l'ampiezza dell'orizzonte toccato dalla corrente dei bianchi e le sue proiezioni da nord a sud della penisola e da est a ovest dell'Europa, ed altresì di far conoscere quanto l'adesione a quella formula di successo sia stata in molti centri talvolta radicale e come la sua fortuna si sia protratta per un secolo e mezzo, sino alla fine del '600.
La cosiddetta rivoluzione dei bianchi è una cosa sola con quella riforma della pittura che ha fatto evolvere lo stile maiolicato verso un genere di pittura abbreviata, unita ad una forte decantazione cromatica, con una tavolozza ristretta a pochi colori e diluita, di languida stesura: da qui la definizione di Gaetano Ballardini - accredita da molti decenni nella ceramologia - di stile compendiario, ispirato alla pictura compendiaria degli antichi. Le opere esposte chiariscono come le officine settentrionali si attengano strettamente ai modelli ispiratori di Faenza, tanto da produrre vasellami talvolta difficilmente distinguibili da quelli faentini, mentre le officine centro-meridionali mostrano un'adesione più legata ai vari sostrati regionali, popolari, che si esplica soprattutto nella pittura: questa infatti, pur lasciando campo al bianco, rimane legata al segno di contorno, piuttosto marcato e coniugato ad una tavolozza che mantiene sempre una notevole vivacità cromatica.
Le tematiche decorative e il repertorio figurativo invece sono comuni ai bianchi italiani: stemmi di famiglie nobili, figure allegoriche, ma anche ritratti, animali, ghirlandine di fiori, ecc. Più rari sono gli istoriati, rappresentati in mostra con alcuni saggi di grande impegno pittorico, a piena superficie, con complesse quanto evocative scene profane, bibliche e di storia romana, interpretate sempre con grande leggerezza di ductus e con una tavolozza decantata.
La corrente dei bianchi va di pari passo con una svolta tecnologica, che punta alla qualità dello smalto, che in tutte le aree italiane si mostra di grosso spessore, di un bianco latteo molto coprente, che si adagia morbidamente sulle superfici delle forme grezze in biscotto ed è cifra cromatica dominante. Tutti i centri che aderiscono alla rivoluzione tecnico-formale dei bianchi sono accomunati anche da una accelerazione produttiva dei vasellami di monumentali servizi da tavola (credenze) per mezzo di stampi, cavati dagli argenti come dicono le fonti dell'epoca, che quindi mostrano fogge molto mosse, baccellate, ricche di dettagli plastici, a segnare il passaggio dal Manierismo al Barocco.
Su un totale di 145 opere, la sezione di Faenza è presente con 26 pezzi per lo più inedite, molte delle quali esibiscono le segnature delle botteghe più prestigiose: Mezzarisa, Calamelli, Bettisi, Mazzanti, Vicchi ecc. con opere che cronologicamente si pongono dalla metà del XVI alla seconda metà del XVII secolo.
Alla fine del '600 lo storico portato dei bianchi può dirsi esaurito: da questo momento un'inversione di tendenza spinge le botteghe italiane ad adottare nuove tecnologie, che di lì a poco si dimostreranno vincenti sul mercato: la terraglia "ad uso di Inghilterra" e la porcellana che, come scrive Longhi, sarà la regina di tutto il secolo.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 18 [2010 - N.38]

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