Ceramiche da farmacia

Un consistente nucleo conservato al Museo Nazionale testimonia forme ed usi di questa particolare tipologia ceramica

Federica Cavani - Museo Nazionale di Ravenna


Un'importante sezione del Museo è riservata dal 1982 all'esposizione permanente di ceramiche che, acquisite in vario modo, sono state organizzate progressivamente in tre diversi settori: un primo nucleo, già appartenente alle raccolte classensi, di ceramiche collezionate dai monaci per valore estetico e valenza culturale; una seconda sezione dedicata alla ceramica locale; un terzo gruppo rappresentato dalla ceramica da farmacia.
Donazioni e acquisti hanno incrementato le raccolte del Museo subito dopo il suo passaggio dal Municipio di Ravenna allo Stato (1885) con pezzi singoli o piccoli gruppi che si trovavano presso collezioni locali e spesso di provenienza ravennate, come dimostrano alcune sigle di ospedali e monasteri cittadini presenti sulle ceramiche. Un consistente acquisto di ceramiche da farmacia risale ai primi anni del 1900: probabilmente comperate da un antiquario veneto provengono da una medesima farmacia e risalgono al XVIII secolo, riproducendo le classiche tipologie in uso nel nord Italia. Attualmente questo importante corredo ceramico si trova sugli scaffali di una farmacia settecentesca originariamente situata in via Mazzini a Ravenna e oggi esposta negli ambienti superiori del Museo Nazionale.
I vasi da farmacia costituiscono un capitolo importante nella storia della ceramica sia per la loro rilevanza quantitativa che per il loro uso specifico. Le farmacie, luoghi dedicati a laboriose preparazioni, alla conservazione e alla vendita, resero necessario l'uso di una grande quantità di recipienti con forma e funzioni diverse. Dal XIII secolo ci si rese conto che la ceramica era adatta a contenere medicamenti per la sua convenienza, igiene e aspetto decorativo. Inoltre la sua facilità di lavorazione ben si coniugava con la volontà di ottenere oggetti esteticamente validi e pratici: la forma del vaso permetteva un facile maneggiamento e la presenza di una carenatura superiore consentiva l'inserimento di una cordicella per fissare la copertura.
Verso la metà del Quattrocento si assiste ad uno sviluppo straordinario della ceramica da farmacia che si arricchisce di nuovi motivi ornamentali: palmette, grottesche, foglie, mitologie tratte dall'istoriato, stemmi e insegne di ospedali. Risale al 1400 anche la nascita della scritta, essa stessa decorazione, spesso realizzata dentro un cartiglio e indicante in maniera sintetica il contenuto del vaso. Sigle e stemmi compaiono sulle anse perché più visibili una volta collocati i vasi sugli scaffali.
Uno dei vasi da farmacia più noti fu l'albarello, emblema degli speziali nel Settecento. Di origine probabilmente orientale, il suo nome deriverebbe dall'arabo el barani, deve la sua forma ai recipienti di canna di bambù tagliata presso i nodi e chiusa, sopra e sotto, da membrane. All'interno di questo involucro naturale, realizzato poi in ceramica, venivano confezionati spezie e prodotti della flora esotica per il trasporto in Occidente. Confetture, unguenti ed elettuari, sostanze di media consistenza, e roob, succhi di frutta raddensati, erano infatti conservati negli albarelli, così come medicamenti solidi, pillole e confetti erano confezionati in albarelli di piccolo formato o in pillolieri.
Molti degli albarelli esposti nella sale del Museo Nazionale sono decorati con animali come il toro, gli uccelli, le serpi, le farfalle, oppure con grandi frutti, fiori e foglie, stemmi, sigle e iscrizioni latine. Alcuni oggetti, tra cui un albarello e un pilloliere, appartengono ad un servizio da farmacia realizzato per il monastero di Classe in Ravenna. Il pilloliere, con un'accentuata rete di craquelées, presenta oltre al nome del medicamento anche la data e la sigla di Classe coronata.
Albarelli e vasetti provengono dal corredo della farmacia dell'ospedale di Santa Maria delle Croci in Ravenna come si intuisce dalla rappresentazione di tre croci sopra un monte o su tre monticelli, così come alcune ceramiche, con stemma composto da una stella azzurra e dalla scritta "POMPOSIA", appartenevano all'abbazia di Pomposa. L'arredo di ceramiche di questa farmacia, un tempo vastissimo ed ora disperso, venne decorato con fiori, farfalle, uccelli esotici su un delicato smalto azzurro detto berettino. Numerose anche le ceramiche seicentesche e settecentesche, più austere nelle decorazioni, di provenienza romagnola e faentina.

La Pagina della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna - pag. 8 [2008 - N.32]

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