Corrado Ricci fra Bologna e Ravenna

Gli anni bolognesi videro Ricci protagonista della vita culturale cittadina, in contatto con le maggiori personalità dell'epoca

Luca Ciancabilla - Università di Bologna - Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei beni culturali

Dopo le mostre su Roberto Longhi e Francesco Arcangeli, a partire dal 9 marzo e sino al 22 giugno prossimi il MAR dedicherà, e bisogna sottolineare finalmente, una mostra a Corrado Ricci, che come è noto operò per lungo tempo nella città di Ravenna.
Figura culturale di grandissimo rilievo nell'Italia post-unitaria e sino agli anni '30 del Novecento, a lui si deve l'istituzione del primo organo nazionale di tutela delle opere d'arte, la Soprintendenza ai monumenti di Ravenna, che diresse fino al 1906 - quando andò ad assumere la carica di Direttore Generale per le Antichità e Belle Arti per poi tornare a Ravenna in un secondo tempo - aprendo la strada alla moderne istituzioni nazionali e regionali per la salvaguardia e valorizzazione dei beni culturali.
Proprio agli anni della prima reggenza di Corrado Ricci sono da ricondurre i restauri di alcuni fra i più importanti monumenti della città. Egli per mezzo di mirati interventi scelse di dare una precisa impronta al progetto di recupero delle antichità cittadine, mosaici compresi, compiendo una forte selezione fra le stratificazioni dei monumenti che l'orientò a privilegiarne l'aspetto tardo-antico. Per questo propose di coprire gli affreschi settecenteschi della cupola di San Vitale, realizzati nelle quadrature da Serafino Barozzi e nelle parti figurate da Ubaldo Gandolfi, per restituirle il suo originale e nudo aspetto; il progetto fallì, seppur sorretto dall'opinione pubblica, a causa della cattiva reversibilità dello scialbo che doveva coprire gli affreschi. Fra coloro che sostennero pubblicamente il progetto del Ricci, il cosiddetto "Concordato Artistico", ci furono fra gli altri Gabriele D'Annunzio, Bernard Berenson, Benedetto Croce, Camillo Boito e il bolognese Alfonso Rubbiani, uno fra i più alti rappresentanti della cultura neogotica italiana, figlia delle teorie elaborate dall'architetto francese Eugene Emmanuelle Viollet Le Duc alla metà del XIX secolo.
Il Ricci aveva conosciuto il Rubbiani qualche decennio prima, durante la sua lunga permanenza a Bologna, città in cui aveva avviato la propria carriera di studioso. Fra il 1878 e il 1882 vi frequentò infatti la Facoltà di Giurisprudenza, impegnandosi, sotto l'ala protettrice di Giosuè Carducci (cui viene dedicata proprio in questi mesi un'esposizione presso l'Archiginnasio di Bologna, Carducci e i miti della bellezza), come segretario nella locale Deputazione di Storia Patria e nelle vesti di coadiutore volontario alla Biblioteca Universitaria.
Negli anni bolognesi il Ricci dimostrò fin da subito il proprio interesse per il neomedioevalismo, contribuendo in qualità di storico e archivista, nel periodo in cui frequentò il grande poeta e il Rubbiani, alla riscoperta locale e affermazione istituzionale del Medioevo. A lui si dovette un discusso scritto del 1886 in cui attribuiva arbitrariamente al 1088 la data a cui risaliva la prima struttura universitaria bolognese, creando così per primo la leggenda dell'Alma Mater e riuscendo in questo modo a rivendicare il primato cronologico su Parigi e sulle altre università europee.
Questo per ricordare i primordi bolognesi del Ricci, certamente fondamentali per le scelte successivamente compiute sui monumenti di Ravenna, città che ancora oggi custodisce, conservato nella Biblioteca Classense, il Fondo Ricci, la raccolta di documenti che egli stesso lasciò al Comune, parte della quale sarà esposto in mostra insieme ad opere dei grandi protagonisti dell'arte italiana fra Quattrocento e Seicento provenienti dai principali musei italiani dove il Nostro svolse la propria attività durante una lunghissima carriera. La sezione dedicata al paesaggio tra fine Ottocento e i primi del Novecento ricorda l'impegno e l'opera svolta dallo studioso per la difesa del patrimonio paesaggistico nazionale, poi concretizzatisi nell'importante testo legislativo di tutela del Senatore Rava del 1909.

La pagina della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell'Università di Bologna - pag. [2008 - N.31]

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