Nella casa di un medico del III secolo

A Rimini è visitabile un nuovo complesso archeologico, stratificazione di testimonianze tardo antiche, medievali e moderne

Angela Fontemaggi e Orietta Piolanti - Musei Comunali di Rimini

Dalla Rimini contemporanea esce prepotente il volto della città romana, disegnato dal reticolo stradale che ancora scandisce la trama degli isolati e dai grandiosi monumenti che ne delimitano i confini: l'Arco d'Augusto e il Ponte di Tiberio, solenni omaggi all'autorità imperiale, insieme all'Anfiteatro e a Porta Montanara.
Dal dicembre scorso, un altro importante tassello concorre a caratterizzare questo volto: è il complesso archeologico con la domus del chirurgo, nella centrale piazza Ferrari, a due passi dal Museo della Città. Il progetto espositivo, all'avanguardia per i criteri conservativi e per la visibilità del sito - una grande stanza del percorso museale - ha consegnato alla Città i risultati di scavi archeologici condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna ad iniziare dal 1989. Chi visita questo spazio incontra ben 2000 anni di storia leggibili nella stratificazione delle più significative testimonianze di ogni periodo: la domus imperiale detta del chirurgo, una residenza palaziale tardoantica, sepolture e tracce di abitazioni altomedievali, strutture di epoca bassomedievale e moderna.
Ad attirare gli sguardi di un pubblico internazionale è la domus da cui proviene l'eccezionale corredo di più di 150 strumenti chirurgici, il più completo della Romanità. Altrettanto eclatante la taberna medica che occupava almeno due delle stanze al piano terra della domus: lo studio con il mosaico di Orfeo attorniato da animali e la stanza per il day hospital, tra i cui arredi è stato riconosciuto un letto. Qui il medico, originario del Mediterraneo orientale e che forse legò la sua formazione all'ambiente militare, esercitò la professione di chirurgo e farmacista nella prima metà del III secolo. Egli stesso confezionava i medicamenti servendosi dei grandi mortai in pietra rinvenuti nella taberna. Altri oggetti parlano di lui, della sua cultura e della sua devozione, rivelando l'adesione ai modelli filosofici del greco Epicuro, l'amore del bello, la nostalgia del suo mare, la fede in Giove Dolicheno, il dio degli eserciti che assicurava la salute dell'anima accanto a quella del corpo. Una casa molto vissuta la sua, ove forse uno dei tanti pazienti volle manifestare la propria riconoscenza affidando a un graffito sulla parete il ricordo del medico: un nome che ha oltrepassato le barriere del tempo per consegnarsi a noi nella probabile interpretazione di Eutyches.
Come spesso accade nella storia fu un evento drammatico a preservare nei secoli la domus e ciò che era al suo interno, dai mosaici, agli affreschi, agli arredi. Alla metà del III secolo infatti un furioso incendio, scatenato probabilmente dalle orde barbariche che scendevano a devastare l'Italia, causò il crollo dell'edificio. Non conosciamo la sorte del medico: certo è che non tornò a cercare fra le macerie il suo prezioso corredo. La domus venne dunque abbandonata e coperta da cumuli di terra, fino a quando, nel V secolo, la parte affacciata su uno dei decumani fu ricostruita nelle forme di una lussuosa residenza con immense sale dai tappeti musivi policromi. Sullo sfondo vi è una città che si rivitalizza grazie al trasferimento della capitale dell'Impero a Ravenna. L'alto tenore della residenza è sottolineato anche dal grande cortile con ninfeo da cui l'acqua scendeva lungo canali a vista, creando una piacevole scenografia. La situazione, nel volgere di pochi decenni, declinò per spegnersi intorno alla metà del VI secolo, quando la Città fu attraversata dalla guerra fra Goti e Bizantini. A questo periodo appartengono le sepolture che vanno ad intaccare i mosaici tardoantichi: un piccolo sepolcreto cresciuto in relazione a un vicino luogo di culto.
La vita tornò ad affacciarsi nel VII secolo con modeste abitazioni che poco avevano in comune con l'orizzonte classico. In piena temperie medievale, le strutture erano sostenute da pali di legno e muri d'argilla, con pavimenti in terra battuta. Utilizzava mattoni di reimpiego il focolare al centro dell'edificio posto all'angolo dell'isolato, fra due strade romane allora ancora in uso. Casupole sempre più fatiscenti continuarono a insistere in quest'area fino all'VIII secolo per poi cedere a coltivazioni ortive. Solo nel '300 la zona sarà occupata da complessi religiosi, fino all'800 quando venne destinata a piazza-giardino. E ora anche a sede di uno dei luoghi più rappresentativi della storia e della cultura di Rimini (per informazioni: tel. 0541 21482).

La pagina del Sistema Museale della Provincia di Rimini - pag. [2008 - N.31]

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