Non solo ceramiche

Il caso della collezione Brunori, esempio di un collezionismo artistico poliedrico, donata al MIC nel 1999.

Jadranka Bentini - Direttrice del MIC

Forse non tutti sanno che il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza è nato e cresciuto quasi esclusivamente sulle donazioni, con esse ha tesaurizzato nei cento anni della sua vita migliaia e migliaia di oggetti e di sculture attestandosi oggi come una realtà assolutamente originale nel panorama dei musei a carattere tipologico per il suo spessore patrimoniale e per il suo carattere di luogo non solo deputato alla tutela della ceramica, ma alla sua stessa promozione sia in termini produttivi che educativi.

Fra le donazioni che hanno contraddistinto l'ultimo quarto del secolo appena trascorso, accanto alla Fanfani, più nota perché più consistente e dotata di lasciti a valenza multipla, vi è la Brunori giunta al Museo nel 1999 attraverso le disposizioni testamentarie di Marisa Gasparini in memoria del marito Gabriele Brunori. Quest'ultimo era ben noto quale restauratore di ceramiche, oltre che mercante d'arte, non solo nel mondo della ceramologia e del collezionismo, collezionista egli stesso e in rapporti stretti con lo storico direttore del museo faentino, Gaetano Ballardini, fin dagli anni '50, poi con Giuseppe Liverani e con il conte Luigi Zauli Naldi consigliere e presidente del Museo; con Faenza la frequentazione era stata dunque assidua in virtù della sua professione e delle sue capacità di mediazione per l'acquisto di opere oggi esposte nel percorso permanente

Se la donazione delle opere più importanti e significative della raccolta a distanza di dieci anni dal decesso del marito (era morto nel 1986), getta una luce rivelatrice sulla affezione a questo nucleo così prezioso e attesta insieme l'onestà morale e la fiducia verso il valore che la memoria possiede nel presente, l'atto della Signora Gasparini ha concesso al Museo di aprirsi verso oggetti artistici non ceramici, instaurando un nuovo corso per le acquisizioni. Del lascito fanno parte infatti mobili, quadri, sculture, vetri, avori, coralli, smalti, disegni, tappeti accanto a preziose maioliche, a porcellane, a terraglie e a terrecotte di grande valore. Una esposizione integrale del lascito è stata allestita nel Museo dal momento della presa in carico fino a tutto il 2004: si è trattato della attestazione dell'identità della raccolta Brunori Gasparini nella sua configurazione pluridisciplinare con carattere forte di raccolta di arte decorativa, ma anche dotata di presenze di grande rilevanza che si vanno via via studiando.

Se le maioliche settecentesche, soprattutto bolognesi, faentine, imolesi, pesaresi hanno apportato pezzi non ripetitivi rispetto a quelli già presenti e le maioliche di Castelli e di Montelupo hanno rafforzato i nuclei già esistenti, sono le sculture a destare ammirazione: prima fra tutte la bellissima "Fuga in Egitto" di Giuseppe Maria Mazza. Resa nota in un articolo sulla Faenza da Giancarlo Bojani, si tratta di una prova del plasticatore e scultore bolognese dove è forte il richiamo alla tradizione pittorica entro cui si era formato. La destinazione originaria del rilievo, recentemente restaurato ed esposto al pubblico, sembra essere quella privata a decorazione di ambienti per la liturgia domestica o per accoglienza in dimore patrizie.

Sempre del Mazza, firmato e datato 1673, figura nella raccolta Brunori un piccolo S. Giovanni Battista, forse identificabile con quel "S. Giovanni Battista di terra cotta" citato in un inventario di Pietro Ercole Fava del 1745 che il giovane Mazza realizzò insieme ad altre numerose statuine durante il suo soggiorno nella accademia artistica del palazzo Fava di via Galliera a Bologna.

Indubbiamente la piccola terracotta costituisce un tassello importante per la storia della scultura bolognese del primo Settecento, al pari di un'altra scultura fittile del lascito Brunori: il gruppo satiresco da tavolo riportato come "Clodion", firmato nel retro, attualmente in fase di studio. Claude Michel Clodion fu scultore e plasticatore di rara maestria: originario di Nancy, attivo nella Francia classicista e rococò, la sua produzione e il suo stile dettarono una moda precisa frequentata e imitata da molti.

Queste le punte della raccolta Brunori, oggi oggetto di una catalogazione sistematica con approfondimenti critici per la sua parte non ceramica, cui è bene menzionare fra i numerosi dipinti, il bel quadro seicentesco attribuito al Tiarini, in verità di altro autore; ancora il prezioso cofanetto eburneo del secolo XV che spicca fra un gruppo di formelle di avorio seicentesche.

Speciale collezionismo privato - pag. 10 [2007 - N.29]

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