Da Renoir a De Stael: Roberto Longhi e il moderno

Il Museo d’Arte della Città ha inaugurato la nuova stagione espositiva dell’Istituzione con una grande rassegna che mette in mostra un secolo di storia dell’arte
Il progetto espositivo nasce dall’idea di ricostruire uno dei più affascinanti snodi del Novecento, ripercorrendo l’avventura intellettuale di Roberto Longhi (1890-1970), "il maestro degli studi italiani dell’arte", senza dubbio una delle voci più geniali ed eccentriche della storiografia artistica contemporanea. Sono circa 200 le opere raccolte negli spazi espositivi della Loggetta Lombardesca, concesse in prestito da importanti musei come il Centre Pompidou e il Musèe d’Orsay di Parigi, il Musèe d’Art Moderne de Troyes, la Pinacoteca di Brera, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il MART di Trento e Rovereto, le GAM di Torino e di Bologna e grazie alla sensibilità di prestigiose raccolte come la Guggenheim Collection di Venezia, la Galerie Krugier di Ginevra e la stessa Fondazione Longhi, con le opere già appartenute allo studioso. Il piano della mostra si sviluppa nel rispetto degli scritti longhiani. Più che di un percorso organico sul piano della ricostruzione cronologica, si è optato per una rivisitazione dei nuclei di riflessione dello studioso, secondo il filo conduttore del suo pensiero, in un continuo scambio tra passato e presente. La mostra prende avvio da Boccioni, a cui Longhi dedicò uno dei suoi testi più precoci (1914) e procede, dopo l’impatto polemico col metafisico de Chirico, con la stagione dell’Impressionismo francese, fino a comprendere gli esiti del Post-Impressionismo e le successive derivazioni fauves. Sono questi i prodromi della modernità, enucleati in un primo gruppo di opere di Courbet e Renoir , di Bazille, Boudin, Cezanne e Sisley. Le vicende del Post-Impressionismo sono documentate da dipinti di Bonnard, Vallotton e da un Seurat, prezioso quanto raro. La pagina successiva è affidata a importanti opere come la superba Femme di Matisse del Centre Pompidou, oltre ai Derain, Dufy e Vlaminck. Un capitolo caro a Longhi fu l’esperienza di alcuni paesisti piemontesi come Fontanesi, Avondo e Reycend, quest’ultimo "scoperto" dallo stesso Longhi e di cui egli possedeva un cospicuo numero di opere, successivamente donate alla Galleria d’Arte Moderna di Torino. Ad essi Longhi riconobbe il merito di avere introdotto in Italia uno sguardo verso il paesaggio, vicino per molti versi alle esperienze degli Impressionisti francesi. Gli anni di trapasso tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento insistono sull’attenzione verso il paesaggio del Tosi di fine secolo e ancora di Bonzaghi, Cavaglieri e del primissimo Guidi. La fiammata futurista e avanguardista si ricompone in un interesse, dichiarato e militante, verso quella pittura di valori che rivendicava il recupero della tradizione e che si espresse in alcuni momenti della Metafisica, di cui appunto La musa metafisica di Carrà ( 1917 ) è il riconoscimento più alto. La riflessione sull’antico è il tema dominante di tutto il periodo compreso tra gli anni ‘20-‘30, gli anni "romani", caratterizzato dalle presenze di Donghi, Socrate, Melli, Trombadori, Broglio, prima delle accensioni cromatiche della "Scuola di Via Cavour" con Mafai, Scipione e Antonietta Raphael. A Carrà, De Pisis, Morandi, alla scultura di Martini, all’eccentrico Maccari, per i quali Longhi mostrò un particolare interesse, sono dedicate intere "stanze" monografiche che scandiscono, pur con intersezioni di date e di percorsi, il periodo compreso fra le due guerre, fino a sporgere, con Leoncillo e Guttuso, oltre la metà del secolo. La complessità delle letture di Longhi è documentata anche da presenze singolari, come "il caravaggesco" Sciltian o, per altri aspetti, a riferimenti internazionali come Berman, Klee e Kandinsky, quest’ultimo in particolare affiancato a Magnelli, come avrebbe voluto Longhi. Controverso quanto significativo fu il rapporto con Picasso, presente in mostra con lo straordinario Portrait de femme (1938) che rappresenta il nodo provocatorio attorno a cui si è addensata la lettura dell’artista catalano. Protagonisti dell’immediato dopoguerra sono alcuni talenti emergenti del tempo come Moreni e Morlotti, per giungere poi a De Stael, a cui va l’importante riconoscimento che consacra l’attenzione di Longhi alle istanze ultime degli anni Cinquanta.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 15 [2003 - N.16]

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