Nella vecchia fattoria

Appunti per una visita virtuale ad una casa colonica dell'800 nel faentino

Alessandro Baldini, Gian Paolo Costa - Studioso di edilizia rurale, Museo Civico Scienze Naturali di Faenza

Le potenzialità del virtuale informatico in ambito museale sono probabilmente infinite. Nel campo delle ricostruzioni di ambiente, ad esempio, l’illustrazione (nel senso più ampio del termine), la proposizione di ambienti naturali ed antropici attraverso la loro “vitalizzazione” – o più spesso “rivitalizzazione” – si può materializzare in veste di sussidi che di norma si offrono come i punti informativi di maggior effetto scenico e di maggior pregnanza comunicativa, se così si può dire, di un Museo o di una struttura assimilabile.
Sostituire alcuni usuali pannelli didattici (ovvero “rituali” fotografie e didascalie a stampa) con sussidi multimediali facilmente ed intuitivamente fruibili che in tempo reale offrano al visitatore risposte alle più diverse domande anche attraverso, nello specifico, ricostruzioni d’uso di spazi ed ambienti, può consentire il recupero didattico-esemplificativo di particolari strutture quali quella oggetto del presente contributo.
Da un lato la struttura fisica “musealizzata” s.l. della quale viene proposta la lettura rimane libera da orpelli quali i classici sussidi informativi e/o ricostruzioni “dioramiche” in situ, dall’altro la ricostruzione d’uso virtuale fruibile dall’utente può essere la più varia: parziale, tematica, di confronto, cronologica o quant’altro.
A pochi chilometri da Faenza sorge una abitazione rurale di particolare (e verificata attraverso diverse visite scolastiche) valenza storico-documentaria, una “fattoria” rimasta sostanzialmente intatta dal 1899: questa infatti è la data dell’ultimo, consistente intervento di restyling edilizio che ha riguardato un edificio colonico più vecchio, del quale ad ogni buon conto restano tracce a volte ben evidenti, non di rado addirittura sostanziali.
Simili porzioni – assai articolate – di micro ambienti antropico-artificiali, quali una casa colonica completa di ampia corte ed immobili di servizio, possono essere lette “a fondo” e compiutamente solo da veri specialisti del settore quali, nel caso in oggetto, il coautore della presente nota Alessandro Baldini.
Diamo qualche esemplificazione puntuale, ma comunque senza alcun ordine logico, iniziando con un esempio toponomastico: in una località quale San Pietro in Laguna – in passato l’acqua non doveva mancare, in assenza di una efficiente rete scolante – non è un caso che si trovi una via Prosciutta: nello specifico il nome non è indizio di locale produzione di insaccati, ma attesta antichi lavori di “prosciugamento” (bonifica idraulica).
Per quanto riguarda l’orientamento delle tipiche, vecchie – ed antiche – case coloniche faentine, queste ultime avevano la facciata rivolta a sud per godere della più ampia insolazione: alla parete, nelle vicinanze della porta d’ingresso, erano “appoggiate” piante eliofile utili, quali il rosmarino, il melograno, il giuggiolo, l’uva “dolce”. L’ingresso principale ed ampio della stalla era rivolto ad est, per poter governare le mucche ed utilizzare la forza lavoro animale fin dalle prime luci dell’alba: dalla parte opposta, verso ovest, la porta di servizio portava alla “buca del letame” e consentiva l’uso ottimale della luce del Sole al tramonto.
L’abitazione era in diretta comunicazione con la stalla. Al primo piano, verso nord, con porte interne idonee a garantire la ventilazione degli ambienti e finestre chiuse da grate antintrusione, si trovavano i locali magazzini delle derrate alimentari familiari; al lato opposto, sopra la stalla, poteva essere ubicato un magazzino di fieno con “caduta” diretta nella stalla.
Nella ampia corte posta a mezzogiorno e sede di tutti i grandi lavori stagionali (trebbiatura, sgranatura ed essiccazione del mais, battitura dei fagioli e della fava ecc.), nelle vicinanze delle rimesse, svettavano imponenti alberi alla cui ombra stazionavano – nelle torride giornate estive – gli attrezzi da lavoro in legno e ferro: il ferro era soggetto a pericolose dilatazioni termiche, il legno al “ritiro” per eccessiva essiccazione. In una porzione recintata della medesima corte erano coltivati i fiori “per i morti al cimitero” e gli ortaggi per la famiglia.
Per decine di secoli, fin dai tempi della locale colonizzazione “centuriale” romana, l’Ager Faventinus (particolarmente vocato all’agricoltura) è stato una successione di unità poderali e relative abitazioni, unità giustapposte ma indipendenti: sorta di monadi all’interno delle quali si perseguiva – nei fatti – il massimo grado di efficienza ed autosufficienza energetica. Autosufficienza che imponeva rigidi rapporti dimensionali: ad esempio estensione del fondo/forza lavoro animale/dimensioni del nucleo familiare residente e via dicendo. Monadi per altro assolutamente esposte a forze esterne imprevedibili e spesso incontrollabili, sia naturali, eventi meteorologici estremi, ad esempio, sia artificiali, come guerre ed epidemie.
Chi scrive ha avuto modo di verificare, con diversa tipologia di utenti (adulti e bimbi della scuola elementare), l’elevata valenza didattica e culturale di una struttura rurale quale quella ottocentesca sopradescritta, sostanzialmente intatta nel contesto di un intorno ambientale sufficientemente ampio. I locali s.l. dei corpi edilizi in oggetto, liberi da sovrastrutture ed orpelli didattici, si presentano estremamente leggibili nella loro evidente, per così dire estrema, funzionalità storicamente acquisita.
Nell’autunno del 2004, ad esempio, la visita alla “fattoria” in questione è stata effettuata in itinere nel Corso di Aggiornamento per insegnanti dal titolo Globali e Biodiversi: insieme per conoscere e salvaguardare la biodiversità locale e globale. Con utenti di scuola elementare (classi di Tredozio) si è organizzata l’escursione faentina Amarcord: alla casa colonica del 1870, concretizzatasi nella realizzazione di diversi elaborati grafici tra i quali una bella sintesi plano-aasonometrica a vivaci colori ed a grandi dimensioni, con appunti d’uso dei fabbricati e della corte. Sul poster in oggetto, sotto l’appariscente disegno-ricostruzione realizzato dagli scolari-visitatori, carte topografiche a diversa scala mostrano l’ubicazione del fabbricato rurale, a testimonianza del primo approccio di questi bimbi con la rappresentazione cartografica di un territorio di pianura centuriato in epoca romana.

Esperienze di didattica museale - pag. 18 [2006 - N.26]

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