Utopia realizzata

Il ciclo degli affreschi di Pietro da Rimini di S. Chiara a Ravenna restaurato ed esposto al Museo Nazionale di Ravenna

Cetty Muscolino - Direttrice del Museo Nazionale di Ravenna

Ha quasi del miracoloso poter sostare nella suggestiva atmosfera dell’abside di S. Chiara, ricomposta in “esploso” nel Refettorio del Museo Nazionale di Ravenna: magia delle più avanzate tecnologie e dell’illuminazione magistralmente studiata e calibrata dall’architetto Emilio Agostinelli.
L’esposizione del ciclo pittorico, che originariamente ornava il presbiterio della Chiesa delle Clarisse e ascrivibile al secondo decennio del sec. XIV, permette di recuperare una fase straordinaria della nostra civiltà figurativa che testimonia il passaggio nei territori ravennati di Pietro da Rimini, attivo nel Refettorio di Pomposa e ancora a Padova e a Tolentino. L’allestimento dei dipinti, restaurati in tempi successivi da Ottorino Nonfarmale e da suoi collaboratori, ripropone l’intera abside della Chiesa e la volta, consentendo la lettura del contesto iconografico dedicato alla Storia della Salvezza e alla Croce.
Le vicende degli affreschi, fra distacchi, esposizioni parziali, criteri d’intervento diversificati nel tempo, costituiscono, come ha sintetizzato il Soprintendente Anna Maria Iannucci, una sorta di paradigma della storia dei restauri delle pitture ad affresco fra ’800 e ’900. L’approdo alla soluzione finale di ricomposizione dell’intero ciclo ed il loro restauro è stato reso possibile grazie a finanziamenti ministeriali, e a contributi di Fondazioni bancarie, alla collegiale decisione di esporre il ciclo pittorico al Museo Nazionale, presa dall’Amministrazione Comunale di Ravenna, proprietaria degli affreschi, dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etno-antropologico di Bologna che ha diretto i restauri, e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Ravenna, che ha progettato la soluzione espositiva presso il proprio Museo Nazionale.
La difficile decisione di staccare i dipinti, separandoli così definitivamente dal contesto architettonico per cui erano nati, fu determinata agli inizi degli anni ’50 dalle disastrose condizioni ambientali in cui versava l’abside sia per l’infiltrazione di acque meteoriche dal tetto, che per l’umidità di risalita dal sottosuolo: inizialmente vengono strappati gli affreschi della volta, sezionando le due code che completavano il triangolo delle vele per ridurne l’ingombro; nel 1956 le vele restaurate e montate su telai lignei tornano a Ravenna e vengono esposte “provvisoriamente” nel Refettorio del Museo. All’inizio degli anni ’70 in considerazione dell’aggravato stato di conservazione, si procede al distacco degli affreschi dalle pareti dell’abside della Chiesa, che rimarranno a lungo arrotolati su rulli nel laboratorio di Nonfarmale in attesa di finanziamenti.
Nel luglio del 1995, finalmente restaurati, gli affreschi vengono allestiti nel Refettorio del Museo con la soluzione di “esploso”. Ormai desiderio comune è di poter rimontare la volta sulle pareti per completare degnamente il ciclo pittorico. Ma per rendere possibile questa operazione è necessario recuperare dai depositi le parti mancanti delle vele, e procedere ad un nuovo trasporto dai vecchi telai lignei degli anni ’50, ai nuovi metallici, avvalendosi delle opportune controforme e di un rilievo fotogrammetrico condotto direttamente sulla volta absidale a S. Chiara. Le operazioni si rivelano molto più complesse del previsto perché si rende necessario rimodellare le curvature e creare nuovi spessori della volta, presentando la muratura originaria degli scarti variabili dai 10 ai 20 centimetri. Gli affreschi sono ricollocati sui nuovi supporti previo l’inserimento di un film di 2 millimetri di polistirolo espanso che garantisce la reversibilità dell’intervento. Col restauro pittorico, condotto principalmente in laboratorio e completato dopo il montaggio al Refettorio, sono “abbassate” le zone che creavano disturbo con velature ad acquerello. Particolarmente complessa è stata la progettazione di una struttura metallica che si ancorasse a quella che sosteneva le pareti già montate negli anni ’90.
Nel dicembre del 2005, con la ricollocazione delle vele, complete anche delle punte terminali (separate nel primo distacco) si è conclusa una storia durata mezzo secolo. Mezzo secolo fra battute d’arresto e riprese, dibattiti ed entusiasmi che hanno visto prevalere la volontà di ricostruire l’abside, operazione ritenuta da molti un’utopia: e in effetti riconsiderando tutte le complessità incontrate e le difficoltà che spingevano a desistere dall’intento, può realmente considerarsi un’utopia... realizzata.

La Pagina della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna - pag. 14 [2006 - N.25]

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