Indagini a Palazzo Maioli

È stata condotta dal Dipartimento di Storia e Metodi per la conservazione dei beni culturali l’indagine storico-iconografica e diagnostica degli affreschi di Palazzo Maioli di Ravenna

Salvatore Lorusso, Chiara Matteucci, Andrea Natali, Ada Foschini - Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali Università di Bologna (Sede di Ravenna), Laboratorio del Restauro s.r.l., Ravenna

Gli affreschi, rinvenuti a Palazzo Maioli di Ravenna sono stati oggetto di una indagine analitica sia durante che dopo i lavori di restauro eseguiti dal Laboratorio del Restauro.
L’edificio, risalente al periodo della dominazione veneziana nella città romagnola (1447-1509), appartenne per secoli alla nobile famiglia dei Maioli, originaria di Faenza. Le pareti interessate presentano quattro “livelli affrescati”, ovvero quattro periodi temporali in cui sono stati effettuati gli affreschi. Il primo si suppone del periodo di costruzione dell’edificio, il secondo è quello studiato, il terzo è riconducibile, in base agli elementi stilistici del periodo pompeiano, al Settecento, mentre il quarto si fa risalire alla fine dell’Ottocento, poiché la parte decorativa è caratteristica di quel periodo (ci si riferisce a decorazioni a stencil, ovvero secondo la tecnica artistica che implica applicazione di pitture, inchiostri o colori tramite particolari mascherine).
Lo studio sperimentale effettuato su due tipologie di campione di affresco (scelte in base ai pigmenti in essi presenti: giallo e nero) ha riguardato:
- la videomicroscopia a scopi documentari e conoscitivi;
- la colorimetria, al fine di definire le componenti della cromaticità;
- la spettrometria di fluorescenza a raggi X per caratterizzare i pigmenti utilizzati;
- l’analisi termica allo scopo di delineare la tipologia di intonaco.
Dai risultati delle suddette indagini diagnostiche risulta che in riferimento alle riprese ottenute con la videomicroscopia, tali immagini forniscono inizialmente utili informazioni descrittive dei costituenti dei frammenti di affresco, che saranno confrontate con quelle effettuate successivamente in tempi diversi, potendo così seguire gli effetti di ordine qualitativo e quantitativo (alterazioni e degradazioni degli strati superficiali) dell’interazione fra manufatto e ambiente di conservazione.
Risulta inoltre che per quanto concerne lo spettro colorimetrico derivante dall’analisi del giallo si evidenzia che la lunghezza d’onda dominante si trova a 580 nm (caratteristica del giallo). Per quanto riguarda il suo spazio colore, si può notare che è un giallo molto luminoso (L* = 73,42) e si trova più nella zona dei gialli veri e propri che in quella degli arancioni dal momento che il valore b* è molto più alto rispetto ad a*. Per quanto riguarda il campione nero scuro e il campione nero, dall’analisi dei risultati si è potuto constatare che effettivamente appartengono alla scala dei grigi, escludendo così la possibilità che rientrino nella classe dei bruni: infatti il valore di a* e di b* rientrano, per il primo, nella scala dei neri e, per il secondo, in quella dei grigi; possiamo, dunque, parlare di un nero scuro per il primo e di un grigio chiaro per il secondo campione.
Ancora, risulta che per quanto concerne i dati ottenuti dalla fluorescenza a raggi X supportati da quelli ottenuti dalla colorimetria, il pigmento caratterizzante il giallo risulta costituito sostanzialmente da ossido di piombo mentre il nero è composto nella maggior parte da carbonio e da impurezze varie.
Infine, per quanto concerne i dati ottenuti dall’analisi termica, risulta che i campioni oggetto di studio sono costituiti da una malta di calce aerea con una debolissima idraulicità e da inerti probabilmente di sabbia contenente frammenti calcarei in un rapporto legante-inerte pari a 1:1,5 per il campione giallo e pari a 1:2 per il campione nero.

La pagina della Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell'Università di Bologna - pag. 7 [2006 - N.25]

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