Il museo della borghesia

A Bagnacavallo, il Centro Le Cappuccine ha ricordato con ua articolata serie di eventi il centenario della nascita di Leo Longanesi

Giuseppe Masetti - Direttore del Centro Culturale "Le Cappuccine"

Cent’anni fa, il 30 agosto del 1905, nasceva in Romagna Leo Longanesi: giornalista, scrittore, editore, grafico e tante altre cose ancora come sceneggiatore, pittore e pubblicitario. Dopo pochi anni la sua famiglia si trasferì a Lugo, per avviare poi il giovane Leo agli studi in Bologna, dove conobbe l’editoria, la politica ed i primi successi. In seguito saranno la stagione romana prima, e milanese nel dopoguerra, a consacrarlo tra le figure più significative nel panorama culturale del suo tempo.
Dopo una vita breve ma intensa Longanesi morì a Milano il 27 settembre 1957, a soli 52 anni, al tavolo da lavoro della sua ultima redazione, quella de Il Borghese, negli anni in cui un nuovo linguaggio, quello televisivo, avrebbe radicalmente sovvertito il suo stile spregiudicato di grande comunicatore per articoli, disegni ed aforismi. Aveva cominciato a far giornali a 16 anni, tra circoli goliardici ed entusiasmi fascisti, incrociando tra Bologna e la Toscana i più bei nomi dell’arte e della letteratura. Ben presto aveva raggiunto una notorietà nazionale come giornalista d’assalto, ma con altrettanta rapidità, nel gennaio 1939, i vertici del fascismo avevano ordinato la chiusura di Omnibus, il suo settimanale più moderno, da tutti riconosciuto come il primo rotocalco italiano.
Per ricordarne la figura e l’opera il Centro Culturale “Le Cappuccine” del Comune di Bagnacavallo ha avviato un intenso programma di appuntamenti che vanno dalle mostre delle sue rare opere pittoriche, giunte per la prima volta in regione, alla ristampa di alcuni suoi testi fondamentali, riproposti ai lettori grazie ad una iniziativa congiunta con la Casa editrice milanese che porta ancora il suo nome.
Inoltre sono stati dedicati una mostra ed un catalogo alle sue invenzioni pubblicitarie, una pubblica lettura di David Riondino ai suoi racconti brevi ed infine un originale percorso alle sue fulminanti definizioni. Il Giardino degli Aforismi, realizzato insieme agli artigiani della CNA ravennate, è infatti un’installazione che si snoda attraverso dieci panchine d’autore, appositamente realizzate in un parco cittadino, ognuna delle quali riporta sullo schienale una celebre battuta longanesiana abbinata ad un suo disegno, una biografia commentata ed un servizio di consultazione gratuita per chi vuole leggere scritti o saggi del celebre giornalista.
Ma è presso la Biblioteca Comunale di Bagnacavallo che si conservano in un apposito fondo le sue prime edizioni e le raccolte dei suoi periodici più famosi, mentre la manifestazioni del centenario si sono concluse il 5 novembre con una giornata di studi, organizzata insieme alla Provincia di Ravenna ed all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, dal titolo Leo Longanesi fra avanguardia e tradizione con la partecipazione di Sergio Zavoli, Sergio Romano, Pietro Albonetti, Massimo Fini, Andrea Manzella ed altri esperti.
Durante questi ultimi mesi tutte le testate italiane, da quelle più prestigiose fino ai periodici locali, hanno sentito il dovere di rileggere Longanesi, facendo riferimento al genio ribelle, all’uomo contro, alla sua graffiante e cinica ironia, indipendente e conservatrice. Dopo aver guardato a lungo le sue opere il bilancio del centenario che si può trarre, il filo rosso che meglio rappresenta ancora questo personaggio, cui la provincia romagnola ha dato i natali, rimanendogli addosso anche in città, è proprio quella sua visione mitizzata e intransigente della borghesia italiana, quel giardino pubblico tante volte ricorrente negli scritti e nei disegni, affollato di caricature stroncate e rimpiante al tempo stesso. Longanesi è la ricerca spregiudicata di un orgoglio nazionale, di un’aristocrazia colta e raffinata che rimanda all’ultimo Ottocento, che cerca invano di affermarsi tra la demagogia del primo fascismo e che poi rimane sola nella nuova repubblica. Forse la sua aggressiva nostalgia si trasformò da ultimo in amara solitudine perché quella classe, portatrice di ordine, dignità e decoro, il nostro Paese non l’aveva proprio conosciuta.

Personaggi - pag. 0 [2005 - N.24]

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