Un artista generoso ma diffidente

Molte opere di Giovanni Piancastelli furono donate a chiese, conventi, collezioni ed enti pubblici

Valerio Brunetti - Responsabile Museo Civico di Castel Bolognese

Giovanni Piancastelli, artista nato a Castel Bolognese nel 1845 e morto a Bologna nel 1926, trascorse parte della sua vita a Roma dove, dopo aver costituito la Galleria Borghese per conto della nobile famiglia romana, ne divenne anche per alcuni anni il primo direttore, quando questa fu ceduta allo stato italiano.
Artista classico nel vero senso della parola, lontano dal farsi minimamente influenzare dalle numerose correnti culturali che negli anni della sua vita attraversarono l’Italia e l’Europa, operò nei più svariati campi dell’espressione artistica, dal disegno alla pittura, dalla scultura alla ceramica, sperimentando e riproponendo tecniche del passato. Sue opere sono sparse un po’ in tutta Italia, alcune anche all’estero, ma principalmente si trovano a Roma e nella sua Romagna, molte delle quali conservate nel Museo Civico di Castel Bolognese.
Profondamente religioso e generoso non trascurò di donare sue opere, anche importanti, ad enti pubblici e religiosi, come l’imponente quadro raffigurante San Girolamo in grotta alla Pinacoteca Comunale di Faenza. Alcuni ritratti andarono in dono al comune di Imola, tra cui quello di padre Serafino Gaddoni, noto storiografo locale, altre opere all’amico musicista Adolfo Gandino sindaco di Ozzano Emilia per il proprio comune. Un suo autoritratto, su sollecitazione di Corrado Ricci, fu donato alla Galleria degli Uffizi di Firenze, dove tuttora si trova; è forse il più moderno tra i numerosi da lui realizzati.
Molte sue opere furono generosamente destinate al suo paese natio, Castel Bolognese, e principalmente al convento dei cappuccini del luogo che lo vide affrontare i suoi primi passi in campo artistico sotto la guida di padre Federico Bandiera da Palestrina.
Nel 1912, ritornato in Romagna dopo il lungo soggiorno romano, donò al convento una grande raccolta di suoi disegni a soggetto francescano: opere realizzate con grande maestria e raffinatezza. Sono accompagnate da un suo autoritratto che reca sul fronte l’atto di donazione così esplicitato: “A grato ricordo depongo questi miei disegni alla penna / in questo convento ove mi fu insegnato l’Alfabeto dell’Arte; è qui che ancora / fanciullo, il Maestro mi addestrava nel disegno alla penna copiando vecchie stampe. / Se in caso di soppressione dovessero essere tolti vadano ai miei eredi. / Castel Bolognese. Gennaio 1912”. Forse il ricordo che nel suo paese si celavano forti ardori anticlericali ed anarchici gli suggerirono di aggiungere quella clausola in favore dei suoi famigliari che ritroviamo anche in altre sue opere.
Nel bel quadro della Santa Margherita da Cortona realizzato per il convento, sul retro è scritto per pugno dell’artista: “1886 / Sa. Margherita da Cortona / dipinta da Gio. Piancastelli e destinata ai Cappuccini / di Castel Bolognese, in memoria / della madre sua a condizione però che in / caso di soppressione resti di proprietà di casa / Piancastelli o suoi eredi.”
Stessa clausola anche sui ritratti ad olio di Padre Federico Bandiera e Padre Giovanni Amadei dello stesso convento. Anche nel grande quadro de La Pietà donato all’Amministrazione comunale per la chiesa del cimitero, insieme ad un autoritratto ed un’altra opera oggi dispersa, viene riportata una frase simile a salvaguardia della destinazione dell’opera: “Dipinto espressamente per il nuovo / cimitero di Castel Bolognese. / Qualora venisse tolto da questa destinazione / divenga proprietà dei miei eredi. / Bologna 1907 – Piancastelli”.
L’incertezza di questi messaggi doveva aver destato qualche dubbio nello stesso artista che pensò bene, con un testamento del 1922 a pochi anni dalla morte, di “regolarizzare” definitivamente queste sue donazioni.
Artista generoso ma diffidente.

Speciale donazioni - pag. 0 [2005 - N.24]

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