Un monumento-museo della storia artistica di Ravenna

Gli affreschi ritrovati nella chiesa di San Nicolò costituiscono un piccolo museo della pittura ravennate

Luciana Martini - Direttore del Museo Nazionale Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Ravenna

Mentre il laborioso restauro iniziato dalla Soprintendenza di Ravenna nel 1983 interessa ormai solo qualche particolare, sta per entrare definitivamente nel circuito dei monumenti cittadini visitabili la Chiesa di San Nicolò a Ravenna, peraltro già più volte utilizzata come sede per importanti manifestazioni artistiche. Si tratta di un grande edificio parte del complesso degli Agostiniani, la cui costruzione iniziò circa nella seconda metà del Trecento; dopo una lunga e gloriosa storia, a seguito della traumatica soppressione degli enti religiosi del 1798, fu sconvolto sia nell’aspetto esterno che in quello interno e venne adibito a palestra, maneggio e deposito militare. È ovvio come il recupero di un grande e in passato famoso e ricco edificio religioso porti comunque con sé la riacquisizione di una parte della storia cittadina; curioso invece è stato ritrovare, distribuiti qua e là sulle sue vaste pareti, una tale varietà di lacerti affrescati da formare quasi un piccolo museo della pittura ravennate. La storia inizia ovviamente con il reperto più antico, purtroppo ormai ridotto ad un’impronta larvale: è un dipinto situato entro una nicchia della parete destra, un’Adorazione del Bambino probabilmente di scuola bolognese, risalente alla fine del Duecento o agli inizi del secolo successivo, trasportato nella chiesa con l’intero muro retrostante; evidentemente si trattava di un’immagine assai venerata. Segue poi, cronologicamente, il ritrovamento più importante dal punto di vista artistico, quello del ciclo decorativo coevo alla struttura architettonica della chiesa. Si tratta dell’opera di un ignoto maestro che nel terzo quarto del Trecento affrescò con le storie di San Giorgio lo spazio dell’abside. Vivacità della figurazione e del colore, alta qualità nell’invenzione iconografica e nella realizzazione sono le caratteristiche di quest’artista, anch’esso riferibile alla scuola bolognese, al quale facciamo riferimento con il nome di Maestro di San Nicolò. Altri soggetti religiosi dello stesso periodo, Crocifissione, Madonna e Bambino, figure di Santi e riquadri votivi restano lungo la parete sinistra. Il Rinascimento portò con sé un notevole stravolgimento dello spazio interno della chiesa; infatti le fonti storiche ci informano che importanti lavori di adattamento vennero effettuati nell’anno 1589. Questa fase di decorazione ci ha lasciato una fascia a grottesche che attraversa tutta la navata in senso trasversale, testimonianza di un interesse verso i motivi antichi, nonché qualche lacerto di parasta sempre arricchito da vivaci colori e richiami alla decorazione classica. Alla fine del Cinquecento risale l’intervento nella chiesa di un pittore della scuola locale, Francesco Longhi, (1544-1618), figlio del più famoso artista Luca Longhi. Si tratta di una Crocifissione fortunatamente conservata per essere rimasta chiusa in un arco tamponato e della quale è quindi ancora possibile ammirare la freschezza del colore. La scuola dei Barbiani, altra dinastia di artisti ravennati, è testimoniata da qualche lacerto decorativo che circondava le pale una volta poste ad ornamento delle pareti. Infine, tutto lo spazio decorativo è stato ridipinto, con profusione di motivi, dall’ultimo rappresentante della scuola seicentesca locale, il padre Cesare Pronti, nato nel 1626 a Cattolica e morto a Ravenna nel 1708, dove fu sepolto proprio in San Nicolò, in quanto era monaco del convento degli agostiniani. Egli lasciò in questo edificio le testimonianze più vivaci ed autentiche della sua fantasia decorativa, ricreando un mondo di finti bassorilievi, statue, medaglioni, putti in prospettiva, tali da vivificare la monotonia dell’iconografia religiosa controriformistica. Le vicende che hanno colpito la Chiesa di San Nicolò non ci permettono più di ammirare altro che la nuda testimonianza architettonica di questo grande edificio. Dispersi gli arredi e le pale, le fastose decorazioni pittoriche che esaltavano lo spazio interno si sono frantumate in tanti lacerti: ora la chiesa è appunto diventata una sorta di museo della sua storia.

La Pagina della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Ravenna - pag. 7 [2003 - N.16]

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