Ricchezza per il futuro, sfida per il presente

Stimoli, sfide e riflessioni dall’undicesimo Corso di aggiornamento “Scuola e Museo”, organizzato ad ottobre dalla Provincia di Ravenna

Alba Trombini - Consulente museale

In quanti modi si può crescere al museo, individualmente e collettivamente? Quali sono le condizioni ideali affinché avvengano processi di crescita ad ampio raggio al museo? Gli esperti invitati ad esprimersi provenivano da ambiti disciplinari diversi: dall’antropologia museale al management culturale, dalla ricerca pedagogica alla sperimentazione didattica.
Non si può pensare di educare adulti e bambini alla cultura della memoria e della conservazione – la cultura del museo – se non si lavora prima sulla definizione e organizzazione del museo interiore, ha affermato in apertura al corso Duccio Demetrio, professore di Filosofia dell’Educazione alla Bicocca di Milano. Il riconoscimento dell’esistenza di un egomuseo, il micromuseo delle memorie personali, è un prerequisito fondamentale perché un individuo si interessi poi alle memorie altrui custodite al museo vero e proprio. E Demetrio individua nella scrittura di sé, nella pratica autobiografica, lo strumento ideale per giungere a comprendere anche le storie degli altri, che possono esprimersi in una dimensione ristretta familiare (dando vita agli oikomusei) o più ampia come succede nell’ambito degli ecomusei.
Cresce il museo, e con esso chi ci lavora dentro, ogni volta che ci si interroga sulle modalità di interazione fra persone in visita e spazi museali, sostiene Laura Carlini, responsabile del Servizio Musei dell’IBC, che ha illustrato la sua tesi attraverso numerosi ed eloquenti esempi dalla scena internazionale.
Ci sono nuovi strumenti di studio qualitativo che possono essere utilizzati con efficacia in questa direzione: Alessandro Bollo (ricercatore della Fondazione Fitzcarraldo di Torino) ha presentato alcune tecniche messe a punto nella realtà museale piemontese: in primo luogo l’indagine osservante dei comportamenti dei visitatori (come si muove la persona, come si relaziona agli oggetti, agli altri, allo spazio allestito e al percorso), e quindi la definizione di una termografia del museo che – attraverso un uso suggestivo della metafora del calore – individua i punti caldi e freddi del museo. Questa metodologia rappresenta un passaggio significativo da una pura e semplice elaborazione di dati numerici all’analisi delle aspettative e degli atteggiamenti degli individui che frequentano i musei.
Cresce il museo e la realtà sociale che lo circonda tutte le volte che siamo capaci di creare alleanze fra ciò che è fuori e ciò che è dentro alle sue mura, fra persone e istituzioni diverse, fra tutti gli elementi costitutivi della comunità cittadina; si matura tutte le volte che ci si interroga su ragione museale e ragione politica, afferma Mario Turci dalla sua prospettiva di antropologo museale e invita a chiedersi di continuo: il museo serve, è utile? Aiuta lo sviluppo della qualità della vita?
Si cresce molto al museo come pubblico ogni volta che si è capaci di scegliere un tema specifico, e di concentrarsi su quello, partendo dall’ascolto delle proprie risposte fisiche ed emotive; è provato da studi e ricerche sul campo, quando l’informazione in ingresso si sedimenta sulla percezione e sul vissuto personale, è più facile che la conoscenza che ne deriva si fissi in modo duraturo. Questo almeno è ciò che tocca con mano ogni giorno nei suoi laboratori ai musei veneziani Silvia Gramigna, storica dell’arte e ideatrice del metodo Sentire l’arte.
Paola Goretti, docente di Scenari all’Università dell’Immagine di Milano ed eclettica interprete di una didattica museale incline alle contaminazioni fra arti ed altre espressioni della creatività umana, ci ha invece immerso totalmente nella suggestione del racconto. La narrazione al museo – la tecnica dello story telling che sempre più viene utilizzata nei musei europei – è uno strumento didattico efficace per accompagnare la persona all’incontro con gli oggetti, i concetti o le opere d’arte. E diventa ancora più efficace e suggestiva, come modalità di mediazione, quando si esprime con accenni poetici.
E parlando di poesia si è conclusa la lunga riflessione dei relatori: Giovanni Barberini, responsabile di Casa Museo Vincenzo Monti di Alfonsine, con intelligente ironia, ha raccontato di come la casa natale di Monti, trasformata in spazio museale, stia rivivendo oggi la sua vocazione letteraria attraverso percorsi poetici e narrativi che vedono coinvolti i protagonisti della scena culturale contemporanea. E ha infine suggerito di raccogliere l’invito a crescere al museo non come possibile ricchezza per il futuro – un tempo che non esiste dal suo punto di vista filosofico – ma come sfida nel presente.

Appunti dai convegni - pag. 18 [2004 - N.21]

[indietro]