La donazione Luisa Gregorj

Da un giovane Arturo Martini a un inedito Gino Rossi

Gian Carlo Bojani - Direttore Musei Civici di Pesaro già Direttore MIC Faenza

Il 20 maggio 2001 è stato presentato nell’auditorium del Museo di Faenza il libro di Luisa Gregorj sulla fornace Guerra Gregorj a Treviso (Dietro le quinte. Artisti nella Fornace Guerra-Gregorj a Treviso, Giacobino Editore, Susegana 2001). L’occasione ha permesso anche di esporre il cospicuo dono di opere pervenuto alcuni mesi prima al Museo da parte della stessa Luisa Gregorj, di prevalente carattere libertyario. In occasione della presentazione rilevai le affinità di alcune parti del libro con quelle di due classici della narrativa d’argomento ceramico: Champfleury de Il violino di Faenza (Sellerio, 1990, pp. 158-160) e Bruce Chatwin di Utz (Adelphi, 2000, pp. 96-97). Si tratta di certi aspetti che riguardano, in specie, l’empatia forte che può legare l’amatore, il collezionista, l’artista stesso, il proprietario ad alcuni oggetti ceramici e i possibili scatenamenti che possano derivarne per delusioni, inadeguatezze, competitività, timori, sommovimenti inconsci tipici di chi possiede oggetti d’arte. Quando poi questi oggetti paiono animarsi... possono essere condotti via via fino alla distruzione e condurvi chi li possiede. Ho incontrato Luisa Gregorj in anni recenti, tramite il suo concittadino Eugenio Pozzobon, estrosa personalità di antiquario aduso a frequentare Faenza anche al di fuori delle Biennali dell’antiquariato ceramico. La fabbrica Gregorj, però, ebbe rapporti con il Museo faentino già al suo nascere e lo dimostrano le due lettere che riproduciamo, e anche il saggio che Gregorio Gregorj pubblicò nel 1913 su «Faenza» a proposito di alcuni frammenti ceramici trovati in Treviso. Il pannello composto da due parti: la testa del Colleoni del Verrocchio e quella di San Giorgio che uccide il drago del Carpaccio, opere che si trovano entrambe a Venezia, realizzate ciascuna con nove piastrelle lumeggiate in oro e con incorniciatura lignea caso venne inviato nel 1908 a Faenza per l’esposizione Torricelliana. Era un esempio della linea di rilancio che la fabbrica, fra Otto e Novecento, ampliando la produzione di materiali edilizi e realizzazioni decorative, aveva assunto attingendo da figurazioni della pittura rinascimentale, per una parte, e per l’altra da quelle ispirate all’art nouveau. Erano gli stessi pittori, Cesare Laurenti e Piero Murani, assieme a Gregorio Gregorj, soprattutto, a sorreggere tale linea assieme ad altri decoratori. Se l’iconografia rinascimentale e pre-raffaellita s’ispiravano prevalentemente all’arte veneta, bisogna osservare che l’indirizzo fluttuante tra i due orientamenti, peraltro, è tipico del cosiddetto liberty italiano a tal punto che la stessa fabbrica Chini, forse la più decisa libertyaria, quasi parrebbe costituirne l’emblema. Si pensi, fra l’altro, a quel documento straordinario costituito da una lettera del 1913 di Piero Murani a Gregorio Gregorj Murani da due anni aveva lasciato la fabbrica Gregorj per contrasti interni, dovuti praticamente alle baldanze e alle tendenze innovative di “due giovani, e per giunta futuristi, come scrive Murani, i quali dovevano essere del tutto verosimilmente Arturo Martini e Gino Rossi. Di questi artisti, allora emergenti, nella donazione sono presenti due opere molto significative: l’una è già pubblicata, l’altra è inedita, e potrebbe essere un unicum. Quest’ultima è assai vicina nella tipica scomposizione dei volti alle opere di Gino Rossi databili intorno al 1909-10. Per terminare vorrei richiamare due aspetti di tutta la questione Gregorj: l’uno attiene a una particolare tipologia del materiale donato quale è quello delle piastrelle da rivestimento, in cui la fabbrica Gregorj investì molto anche per l’innovazione del gusto e delle tecniche decorative assai singolari almeno per l’Italia. Mi riferisco precisamente a quelle dell’inizio del XX secolo di cui il Museo faentino era sprovvisto. L’altro riguarda la bibliografia. Oltre a segnalarne un’ampia rassegna nel sito web dedicato alla Fornace e curato da Luisa Gregorj (www.guerra-gregorj.it), si sottolinea qui le varie tesi discusse all’Università di Venezia, con approccio prevalentemente di storia dell’architettura, dell’edilizia e dell’urbanistica. È curioso quanto sia stato studiato questo insediamento industriale e, per converso, quanto sia ignorato dalla comunità trevigiana responsabile della sua progressiva distruzione per incuria.

Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 15 [2002 - N.13]

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