La vena del gesso: Parco o Museo?

Dopo venticinque anni di dibattiti e di polemiche non decollano ancora né il Parco Regionale, né l’Eco-museo romagnolo per le vallate del Lamone, del Senio, e del Santerno

Gian Paolo Costa

Spesso chi si autocita, in apertura di un intervento verbale o scritto che sia, commette un peccatuccio di vanagloria che, tutt’al più, suscita sorrisini di ironico compatimento. Spesso, ma non sempre; e sicuramente non è questo il caso. Nello specifico, per lo scrivente l’autocitarsi (e non solo una volta!) per il costituendo Parco Regionale della Vena del Gesso romagnola, è null’altro che un doloroso (inutile?) atto di masochismo mentale: toccar con mano, realizzare appieno che tempus fugit. Nell’anno 1998, tra il 3 ed il 5 giugno, si tiene ad Argenta l’interessante (e ben organizzato) Colloquio Internazionale Musei per l’Ambiente. Esperienze e progetti italiani di museografia legata all’Ambiente (vedasi il Quaderno di Campotto n. 9 – fascicolo speciale – 1998). Chi scrive presenta nell’occasione il contributo Premesse per un Eco-museo della Vena del Gesso romagnola (non si vuole sentir parlare di Parco della V.d.G.?? Vediamo se Eco-museo suona meglio!). Il contributo in questione è articolato in una breve premessa e tre capitoletti: Il Parco Carnè, Il Museo Civico di Scienze Naturali (del quale chi scrive è Responsabile operativo) ed Il Sentiero 505. Il Museo Civico di Scienze Naturali di Faenza è presentato quale porta d’accesso, lungo la via Emilia, alla porzione brisighellese della Vena del Gesso romagnola; il Centro Visitatori del Parco Carnè quale cuore didattico-escursionistico (con possibilità di ristoro e pernottamento, nonché di utilizzo dell’aula didattica ora intitolata a Simonetta Alessandri) della summenzionata porzione della V.d.G.; il Sentiero 505, infine, è proposto come itinerario panoramico (molto) alternativo per raggiungere il Parco Carnè a piedi, partendo da Faenza ed al limite dallo stesso Museo Civico di Scienze Naturali faentino (ubicato a breve distanza dalla stazione ferroviaria della città manfreda). La battaglia, o meglio, la guerra per un Parco, nel caso della Vena del Gesso romagnola (e comunque per la protezione di questo eccezionale monumento della Natura), è oramai ultra venticinquennale: ne sa qualcosa il primo paladino della causa, il dott./prof. Luciano Bentini. Il quale, giunto all’anno 1992, a nome del Gruppo Speleologico Faentino, con un atto estremamente polemico, istituisce il premio ‘Porco’ della Vena del Gesso, ambìto riconoscimento, come recita l’apposita pergamena, che verrà appunto conferito al personaggio politico che maggiormente si sarà distinto nella devastazione dei gessi romagnoli”. Venendo ad oggi, il Parco ancora non esiste, ma è interessante l’evoluzione parallela registratasi negli anni lungo le tre valli d’accesso alla splendida dorsale gessosa della Vena: a) Valle del Lamone: Fin dalla seconda metà degli anni ’80 si sono attivati, come dianzi accennato, stretti rapporti sinergici tra il Centro Visite del Parco Carnè ed il Museo naturalistico faentino, il più importante e ricco dell’intera Romagna (e-mail museofa@supereva.it). Si è inoltre provveduto alla turisticizzazione, molto soft, della Tanaccia di Brisighella, celebre per lo scenografico cavernone frequentato sistematicamente dall’uomo sin dall’età del bronzo antico. b) Valle del Senio: A Castel Bolognese esiste un avviato Museo Civico. A Riolo Terme, all’interno della Rocca riportata all’originaria imponenza dal coraggio degli Amministratori che hanno voluto la riapertura dell’antico fossato (più complesso il discorso sui lavori di restauro, alcuni discutibili, eseguiti all’interno), il 17 marzo dell’anno 2000 è stato inaugurato un bel Centro di Documentazione della Vena del Gesso, allestito anche grazie all’impegno dello Speleo G.A.M. di Mezzano (per informazioni, prenotazione visite guidate ecc: 0546.77445-71044). La Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna ha curato l’esposizione dei reperti frutto dello scavo archeologico eseguito nel 1973 all’interno della Grotta dei Banditi, cavità naturale abitata per un arco di tempo che copre probabilmente gli ultimi secoli dell’antica età del bronzo (2300-1650 a.C.). c) Valle del Santerno: I Musei Comunali di Imola custodiscono le storiche, pregevolissime raccolte Scarabelli frutto del lavoro e dell’impegno appassionato di uno dei padri della geologia e della archeologia stratigrafica in Romagna (ma in questo, e per altri motivi di munifica, civica generosità, figura singolare e di eccezionale livello culturale nell’intero panorama italiano del tempo): il conte Giuseppe Scarabelli Gommi Flamini (Imola, 1820-1905). Da segnalare, in particolare, l’enorme quantità di vasetti miniaturizzati votivi (800!) dell’età del ferro recuperati nella Tana del Re Tiberio; il ridotto numero di doni metallici rinvenuti, in proporzione al numero dei vasetti porta-offerte, lascia intendere antichi recuperi di metallo. A Tossignano è aperto, dal 9 maggio 1999, il Centro visite I gessi e il fiume (con annesso il Museo della Cultura materiale), senza dubbio il più tecnologico dei tre Centri citati: accuratamente allestito, è dotato di guida-catalogo su CD-rom! (e-mail centrovisite@santerno.it, web www.santerno.it ). I positivi riscontri ed il numero di presenze registrate hanno indotto il Comune di Tossignano a prevedere la realizzazione di un Ostello della gioventù e l’ampliamento del punto sosta camper sotto i ruderi della rocca, in posizione panoramica, e, ancora, nel 2004 la riqualificazione del Palazzo Baronale che permetterà l’allargamento degli spazi museali ed espositivi. (Sergio Caroli, com. pers.).

Speciale musei all'aperto - pag. 12 [2002 - N.13]

[indietro]