L'esperienza del Metropolitan Museum of Art di New York

Fin dal 1871 il Metropolitan ha introdotto l'attività editoriale e di merchandising con l'intento di "promuovere e sviluppare lo studio delle belle arti … impartendo a tal fine la necessaria istruzione popolare"

Daniel Berger - Consulente del Ministero Beni e Attività Culturali

Fin dall'antichità nei centri culturali e religiosi è stata prevista qualche forma di vendita, interna o esterna, di oggetti-ricordo. Si pensi alle copie di rilievi antichi ricalcati ad inchiostro su carta di riso, che venivano prodotte in Cina, o le impronte a frottage delle lastre tombali eseguite con cera nera su carte nell'Inghilterra medievale. Nei luoghi di culto greci si producevano statuette degli dei per uso domestico. Analoga è la tradizione italiana dei santini da distribuire ai fedeli in cambio di offerte. Considerando i musei come "chiese laiche", anche i visitatori possono paragonarsi a fedeli desiderosi di conservare un ricordo dell'esperienza compiuta. Partendo dalla sua fondazione da un gruppo di facoltosi mecenati nel 1870, il Metropolitan Museum of Art di New York ha sviluppato l'attività editoriale e di merchandising. Lo statuto del museo, redatto in quell'anno, si prefigge infatti di: "promuovere e sviluppare lo studio delle belle arti [...] impartendo a tal fine la necessaria istruzione popolare". Il museo era considerato una fucina per le arti e gli artigiani. Nel 1871 i primi amministratori del museo stabilirono che venissero riprodotte per la vendita le opere di antichi maestri recentemente acquisite. Commissionarono perciò all'incisore parigino Jules Jacquemart l'esecuzione di dieci tavole che vennero pubblicizzate e vendute con il marchio editoriale del museo e distribuite dalla ditta londinese Paul e Dominic Colnaghi. Queste incisioni all'acquaforte, raccolte in cartelle, furono offerte ai sottoscrittori del museo per 25 dollari, somma notevole per quei tempi. I primi amministratori del Metropolitan Museum erano consapevoli delle potenzialità della fotografia per la riproduzione di opere d'arte: nel 1874 ingaggiarono un professionista perché fotografasse le raccolte, con il duplice scopo di costituire il nucleo iniziale del catalogo delle raccolte e di essere destinati alla vendita al pubblico. I proventi delle vendite, oltre a sostenere le spese generali, dovevano finanziare l'incremento dell'archivio di negativi. In seguito vennero posti in vendita anche duplicati delle riproduzioni di opere depositate presso l'istituto da soggetti esterni. Per meglio soddisfare le esigenze dei potenziali acquirenti, l'offerta di fotografie fu differenziata per dimensioni e procedimenti. Si passò rapidamente ai formati più grandi, che i visitatori comprarono con entusiasmo. Così nacque il mercato delle riproduzioni su carta del Metropolitan Museum. Presto si aggiunsero le riproduzioni tridimensionali in facsimile. Come tutti gli istituti d'arte del mondo, specialmente le accademie, il Metropolitan Museum era interessato ad acquistare calchi delle sculture più importanti e modellini dei maggiori monumenti. Inizialmente questi calchi furono comprati da fornitori europei, soprattutto italiani. Per inciso, alcune di queste opere forniscono oggi informazioni importanti per il restauro di opere d'arte e di decorazioni architettoniche successivamente danneggiate dagli eventi bellici, dal vandalismo o dal degrado ambientale. La gipsoteca del Museo, oltre a costituire uno dei suoi fondi di sculture, consentì anche lo sviluppo dell'attività commerciale. Nel 1895 si decise di impiantare un laboratorio di calchi interno al Museo per rispondere alle richieste degli istituti affiliati, delle scuole, delle accademie, delle biblioteche degli Stati Uniti. Nel 1901 venne pubblicato e posto in vendita un catalogo di 108 pagine che forniva informazioni non solo sui calchi ma anche sugli originali dai quali erano stati tratti. La gamma spaziava dai piccoli rilievi dei cammei alle grandi figure monumentali, come il Mosè di Michelangelo e il pannello dell'Arco di Tito. Ben presto le copie tridimensionali prodotte dal Metropolitan Museum riempirono gli istituti americani. Sul volgere del secolo furono commissionati a Tiffany 146 facsimile dell'oreficeria cipriota conservata nel museo, da eseguire in metalli preziosi e metalli placcati. Alcuni originali, come anelli e braccialetti, vennero riprodotti integralmente mentre da altri furono tratti solo singoli particolari decorativi. In seguito venne adattata alle esigenze di riproduzione del museo la colata centrifuga, con risultati di notevole precisione. La riproduzione di gioielli si sarebbe rivelata un'attività molto popolare e redditizia, fino a coprire circa il 15% delle vendite totali. Naturalmente il Museo cominciò a redigere e pubblicare i cataloghi delle proprie raccolte dall'inizio. Venne impiantata una tipografia interna e nel 1905 iniziò la pubblicazione del "Bollettino". Presso il banco delle informazioni furono poste in vendita fotografie, cartoline e diapositive in bianco e nero. A partire dal 1920 si aggiunsero incisioni a mezzatinta e stampe a colori, che vennero presto integrate con piccole copie in gesso. La maggior parte di questo materiale era prodotta negli ampi scantinati del Museo, dove un tempo si riproducevano in gesso i capolavori europei. Iniziarono anche le forme di coedizioni. Al Museo si associarono ben presto Charles Scribners e la Yale University Press, cosicché fu possibile ripartire i costi di produzione attraverso l'economia di scala e aumentare la distribuzione e le vendite. Venne attivata la vendita per corrispondenza. Gli elenchi delle pubblicazioni, che inizialmente erano semplici volantini distribuiti al banco informazioni, si svilupparono poi in cataloghi molto elaborati - e molto richiesti - con l'indicazione di tutti i volumi e le riproduzioni afferenti alle vastissime raccolte del museo. Oggi le vendite coprono circa il 20% dei proventi. Un'analisi approfondita dei costi e dei benefici ha successivamente mostrato la convenienza di affidare la stampa ad editori esterni, facendo le gare a rialzo. Attualmente il Metropolitan Museum ha un vasto programma di merchandising e pubblicazioni. Il volume di affari ammonta a più di 85 milioni di dollari l'anno e fornisce circa il 10% delle entrate necessarie per le attività del museo. La produzione della merce è prevalentemente affidata a manifatture e rivenditori esterni, che lavorano a contratto secondo i rigorosissimi standard imposti dal museo. Si tratta di un'operazione che è stata studiata ed imitata da altri istituti, piccoli e grandi di tutto il mondo. Le attività editoriali e di merchandising si estendono anche a negozi satellite nel resto del Paese, gestiti direttamente dal museo. Ci sono accordi di franchising per il Giappone, la Svizzera e Singapore, strettamente controllati dagli addetti del museo. I cataloghi per le ordinazioni postali vengono inviati per tutto il corso dell'anno e culminano nell'attesissimo catalogo di Natale, con le sue 140 pagine di articoli pertinenti alle collezioni del museo. Sono già in atto joint ventures con la Public Library di New York e altri musei ed istituti negli stati Uniti e nel mondo. Anche i Musei Vaticani hanno concesso il diritto di riprodurre e vendere il materiale che si riferisce alle loro vastissime raccolte. A loro volta acquistano i prodotti del Metropolitan Museum per rivenderli nel proprio negozio insieme con i propri. Recentemente il Metropolitan Museum ha stabilito un sito su Internet con la possibilità di acquistare prodotti oltre ad avere informazioni sul museo e le sue attività. Restiamo in attesa di analizzare i risultati di questa nuova frontiera. Milioni di persone hanno già "visitato" il sito su Internet. Abbiamo anche sperimentato le vendite attraverso i canali di TV via cavo, con risultati sorprendentemente positivi. Il successo delle attività commerciali del museo dipende dal costante impegno a mantenere alta la qualità, che prevale su qualunque altra considerazione, compreso il guadagno. I capi dei dipartimenti di conservazione collaborano con gli addetti commerciali, hanno l'ultima parola sulla realizzazione e la vendita dei prodotti e forniscono le didascalie didattiche che accompagnano ciascun articolo in vendita. L'obiettivo è sempre quello che ci si era prefissi nel 1870: "incoraggiare e sviluppare lo studio delle belle arti nonché l'applicazione delle arti alle attività produttive e alla vita pratica, impartendo a tal fine la necessaria istruzione popolare". Va aggiunto che le attività ausiliarie del Metropolitan Museum of Art sono varie. Comprendono found raising, gestione della dotazione finanziaria principale (tenuta in azioni, titoli, BOT ed altri strumenti finanziari), feste di beneficenza di vari tipi, coltivazione degli sponsor, sollecitazione dei contributi finanziari (circa l'8% dal comune di New York), mantenimento del programma dei più di 120.000 membri, conferenze, concerti, parcheggio a pagamento, vari ristoranti, auditorium, attività per bambini e studenti, serate a pagamento per le ditte e, ovviamente, i biglietti d'ingresso. Tutte queste attività fanno parte delle fonti di introito del Metropolitan Museum of Art e coprono il budget annuo di circa 100 milioni di dollari.

Merchandising museale - pag. 14 [2000 - N.9]

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