2017 Odissea nel mosaico

Una mostra al MAR tra i principali eventi espositivi della biennale internazionale del mosaico di Ravenna

Alberta Fabbri - Conservatrice MAR di Ravenna

Con Ravenna Mosaico 2017, la rassegna biennale internazionale di mosaico contemporaneo giunta alla V edizione in formato 2.0, il Mar-Museo d'Arte della città di Ravenna ricontratta la progettualità declinando le linee di indirizzo del programma di mandato che mettono al centro della governance l'azione di solidale implicazione di patrimonio e valorizzazione.
Il primo appuntamento espositivo spetta al mosaico, sulla base della specificità del linguaggio che qualifica la riflessione artistica a Ravenna. Dal museo si irradia poi una costellazione di iniziative che coinvolgono le istituzioni partner, le realtà produttive, i mosaicisti con gli ateliers. Il programma si avvale di un ampio tavolo interistituzionale coordinato dal Comune di Ravenna sotto la guida dell'Assessorato alla Cultura nel ruolo di capofila non solo per la linea di credito dell'Amministrazione - vale a dire Mar, Biblioteca Classense e Accademia di Belle Arti con Fondazione RavennAntica - ma anche per la cabina di regia. Siedono al tavolo Polo Museale dell'Emilia-Romagna, Università di Bologna campus di Ravenna con la Scuola Superiore di Studi sulla Città e il Territorio, Mic-Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, AIMC-Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei e CNA della provincia di Ravenna. Da segnalare infine la straordinaria presenza di Sicis, azienda leader per l'uso del mosaico industriale nell'interior's design, con un'antologia di interventi in mostra a palazzo Rasponi dalle Teste.
La progettualità tiene conto dell'esperienza di Ravenna capitale italiana della Cultura per il 2015 con il coinvolgimento di molti degli steakolders che nel settore hanno sviluppato competenze, interesse, carisma creativo e business concorrendo allo sviluppo della sensibilità, della cultura, dell'economia, e più in generale delle relazioni nelle tante, composite, articolazioni. Questo in parte spiega la mancanza di una direzione artistica, e di un comitato scientifico, come ci si attende da un'iniziativa di garanzia culturale. La specificità dell'evento va ricercata piuttosto nell'ascolto di quella che potremmo definire "pastorale ravennate" secondo un orientamento che si genera dalla vocazione politica alla messa in valore della pluralità delle energie espresse da una comunità. Partecipazione e coinvolgimento sono il presupposto per assumere la ricchezza della sapienza fabrile, di artieri e artefici, nel suo coniugarsi con esigenze conoscitive, di valorizzazione, di discussione critica intorno a un "sapere" ancora collettivo, e orientarla verso nuove frontiere, a Ravenna, nel mondo. A ben vedere si tratta di un approccio che intercetta la sollecitazione di ICOM a riflettere sul Paesaggio. L'ampiezza dell'offerta restituisce la varietà delle espressioni di alta specialità, mettendo in dialogo l'esperienza - estetica e conoscitiva - di valorizzazione con le opportunità di una kermesse. Se consultiamo i principi espressi dal Codice etico ICOM per i musei - "1. I musei assicurano la conservazione, l'interpretazione e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell'umanità; 2. I musei custodiscono le loro collezioni a beneficio della società e del suo sviluppo; 3. I musei custodiscono testimonianze primarie per creare e sviluppare la conoscenza; 4. I musei contribuiscono alla valorizzazione, alla conoscenza e alla gestione del patrimonio naturale e culturale; 5. Le risorse presenti nei musei forniscono opportunità ad altri istituti e servizi pubblici; 6. I musei operano in stretta collaborazione con le comunità da cui provengono le collezioni e con le comunità di riferimento; 7. I musei operano nella legalità; 8. I musei operano in modo professionale." - possiamo osservare come, nel caso della Biennale, la funzione di "interpretazione" sia posta in esaltazione rispetto a quelle, storicamente prevalenti, della conservazione e della valorizzazione. In questo senso il museo si fa luogo nel quale passato e presente convergono in una sola sequenza senza soluzione di continuità: la funzione concava della raccolta ai fini della conservazione e della valorizzazione diventa una cosa sola con l'estroflessione convessa dell'interpretazione nell'orizzonte aperto della visione. 
A favorire la modalità dinamica e collettiva dell'organizzazione progettuale ha concorso, inoltre, la delicata congiuntura dell'avvicendamento alla direzione del museo, nel quadro di una più ampia riorganizzazione strutturale della Cultura nelle sue diverse diramazioni. E, come spesso accade nelle stagioni di cambiamento, la forza dell'empiria precorre la riflessione sul metodo. Il metodo, in questo caso, é una certa visione del patrimonio, inteso nell'indistinta valenza di beni culturali e competenze, a ribadire, ancora una volta, la coralità di impulsi che nella valorizzazione trovano comunanza e convergenza. Un'impostazione sperimentale come questa, a responsabilità liquida, ha il non trascurabile vantaggio di assestamenti e ampliamenti. Nella cornice eteronoma della Biennale il museo assume la funzione propulsiva con una esposizione che parte dalla valorizzazione del patrimonio, si raccorda con la storia per proiettarsi nella città facendo del Mar un museo diffuso.
Ma, per venire alla mostra, la rassegna Montezuma, Fontana, Mirko. La scultura in mosaico dalle origini a oggi, per la cura di Alfonso Panzetta con la collaborazione di Daniele Torcellini, si propone come indagine intorno al dialogo tra scultura e mosaico a partire dagli anni Trenta del Novecento, quando alcuni scultori ampliano l'area semantica della "tessera" addizionandola di nuove implicazioni, materiali e concettuali. L'azione riformatrice di Gino Severini nell'aggiornare il linguaggio musivo, sia pur nel rispetto della funzione decorativa, pone le premesse allo sperimentalismo di Lucio Fontana e di Mirko Basaldella che per primi esplorano la possibilità di "mosaicare" la scultura.
Che ci fosse la suggestione di un antefatto antico, sull'onda del gusto dei primitivi, è l'ipotesi formulata dal curatore nella mostra di Montevarchi (2014), nella quale metteva in luce il nesso tra la ricerca di Fontana e Mirko con alcuni prodotti di cultura mesoamericana come possibile spunto allo slittamento della tessera dalla superficie planare a quella plastica. L'interesse crescente verso la cultura antica dell'America Latina fu del resto corroborato, nell'Italia degli anni Venti, dalla vasta opera di ricognizione che avrebbe trovato organizzazione formale nella mostra romana del 1933. Le ricerche di Fontana e Mirko ebbero i tratti geniali dell'avanguardia, ma anche la solitudine dei pionieri: per vedere riaffiorare quell'interesse sperimentale occorre infatti attendere la fine degli anni Settanta quando Nane Zavagno e Riccardo Licata delineano i due diversi indirizzi su cui si stabilizza la riflessione, nel primo caso con l'introduzione di materiali non convenzionali, nel secondo, con l'impiego di un codice tradizionale al servizio del linguaggio contemporaneo. Da questo momento la mostra entra nel vivo documentando la fenomenologia di genere tenendo conto dei diversi orientamenti, tra linea iconica e aniconica, poetica e narrativa, simbolica e concettuale. Proprio sulla fine degli anni Settanta si registra, infatti, un interesse crescente grazie alla ricerca artistica di Antonio Trotta, Athos Ongaro e dei protagonisti della Transavanguardia, Sandro Chia e Mimmo Paladino in particolare, ripetutamente alle prese con l'esplorazione delle possibilità offerte dalla tecnologia per svincolare l'ancoraggio della tessera dalla superficie planare superando i limiti delle malte cementizie. La performance dei materiali di sintesi attira anche designer come Alessandro Mendini e Ettore Sottsass che con le loro incursioni concorrono a legittimare lo statuto della scultura mosaicata aprendo di fatto la strada a esperienze di rilevanza internazionale come la tomba di Nureyev, a Parigi, realizzata a Ravenna.
Sul valico di Millennio la nozione di tessera evolve ancora assumendo connotazioni come l'accumulo, o la ricomposizione nucleare, o, ancora, la "poetica dell'oggetto", sulla spinta della ricerca avviata dal Nouveau Realisme francese e poi dalla Nuova Scultura Britannica, fino alle ultime novità tuttora in discussione.
La mostra gode del patrocinio di MiBACT e di Regione Emilia-Romagna, nonché del contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Marcegaglia Carbon Steel, e sarà visitabile dal 7 ottobre 2017 al 7 gennaio 2018.

Per il programma completo degli eventi di Ravenna Mosaico 2017: http://www.ravennamosaico.it/ita/.



Notizie dal Sistema Museale della Provincia di Ravenna - pag. 20 [2017 - N.59]

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