Ravenna capitale della Public History

Centinaia di studiosi e operatori si sono incontrati per parlare degli sviluppi della disciplina storica

Alessandro Iannucci - Professore associato di Letteratura greca

Nella settimana 5-9 giugno 2017 l'antica capitale esarcale, Ravenna, la nostra città, è diventata la capitale della storia, anzi della Public History. Al Palazzo dei Congressi e a Palazzo Corradini si sono tenuti, in contemporanea, il quarto convegno annuale della International Federation for Public History (IFPH-FIHP) e il primo convegno della AIPH, l'Associazione Italiana di Public History.
L'evento è stato organizzato dal Dipartimento di Beni culturali, Università di Bologna, Campus di Ravenna, assieme alla Giunta Centrale di Studi Storici (MiBACT), e alla Federazione internazionale di Public History, in collaborazione con Fondazione Flaminia: oltre 90 panel, con un numero complessivo di 191 relazioni (alcune di più autori) e 25 poster per la conferenza internazionale, e 174 relazioni e 32 poster per la conferenza italiana: nel corso dei lavori si è inoltre tenuta l'assemblea costitutiva della AIPH.
Insomma per una settimana oltre 500 studiosi universitari e operatori culturali, circa la metà dei quali stranieri, hanno letteralmente invaso Ravenna per interrogarsi - nella splendida cornice 'storica' e architettonica della città - sugli sviluppi di questa corrente di pensiero, oltre che disciplina ormai riconosciuta e diffusa anche in ambito accademico. Hanno discusso sul suo statuto scientifico, su modalità e iniziative utili a promuoverne la valorizzazione, mettendo a confronto diverse esperienze e diversi approcci disciplinari in una sorta di 'stati generali' dei public historian, in ambito nazionale e internazionale.
Per Public History si intendono quelle attività di recupero della memoria storica che si svolgono per il pubblico e con il pubblico, e che coprono il largo spazio che intercorre fra la storia accademica e universitaria e il "consumo di storia" veicolato dai grandi media. Fanno parte della Public History tutta una serie di attività, svolte da musei, biblioteche, studiosi e appassionati locali, e promosse da enti pubblici, privati, associazioni e cooperative culturali; vanno dalla forma tradizionale dello studio, del volume, magari celebrativo, fino alle rievocazioni storiche, al re-enactment, alle battaglie in scala, ecc. In poche parole la PH non è né la storia professionale studiata e insegnata nelle scuole e nelle università, né la produzione di argomento storico dei programmi televisivi o delle opere divulgative dirette al grande pubblico e a un consumo di massa; è tutto quello che sta fra questi due poli. Spesso si pensa che in mezzo non ci sia nulla, e invece ci sono miriadi di attività diverse, di appassionati, di cultori della storia, della archeologia, della memoria, di luoghi, di eventi, di oggetti e di persone, che svolgono una attività essenziale di recupero del passato e di rielaborazione della memoria collettiva.
Non è detto peraltro che sia necessario sapere cosa sia la Public History per praticarla; intanto non è una disciplina esclusiva degli storici, e basta un esempio per spiegarlo.
Da almeno quarant'anni, in Italia e nel mondo, i grandi poemi fondativi la tradizione letteraria occidentale, Iliade e Odissea, sono studiati e commentati alla luce della cosiddetta teoria oralista, elaborata da Parry e Lord e poi mediata con categorie tipiche dell'antropologia culturale. In sintesi possiamo affermare che per quasi una decina di secoli, tra il XV e il VI secolo a.C., in tutto il mondo greco la conoscenza del passato - e quindi della storia - attraverso cui si costruiva un'identità linguistica e culturale era mediata da cantori girovaghi, poeti illetterati che raccontavano le antiche glorie degli eroi, prima nelle corti micenee e poi nelle poleis greche. La parola greca è 'klea' che indica i fatti, le imprese, le gesta degne di essere conservate e su cui si concentrava l'attenzione della pubblica opinione. Nel racconto poi confluivano i valori, le tradizioni, le enciclopedie dei saperi.
In questa modalità comunicativa risiedono i due elementi caratterizzanti la teoria della public history: il concetto di memoria pubblica e collettiva; la trasmissione del passato attraverso media efficaci e fruibili da un pubblico amplissimo che tende a coincidere con l'intera società di cui sono parte.
Da Omero alle contemporanee serie televisive incentrate su eventi storici (dai Tudor a 1992 e 1993) il passato, la memoria storica e culturale, sono sempre stati oggetto di storytelling, cioè di narrazioni efficaci e in grado di catturare l'attenzione del pubblico.
La Public History è anche, e forse soprattutto questo: la capacità di mediare il passato e renderlo importante per il presente trasformando la conoscenza, fondata scientificamente, in narrazione, che la rende accessibile, fruibile, e capace di coinvolgere anche i non specialisti.

La pagina del Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna - pag. 5 [2017 - N.59]

[indietro]