Condivisione, integrazione, patrimonio, comunità: verso un ecosistema culturale

Claudio Leombroni

Questo numero estivo di Museo in-forma, dà conto, come di consueto, di interessanti iniziative: consolidate come Giovani per il territorio, di cui illustra le finalità e i risultati Valentina Galloni; o esito di incursioni in altri territori come il quarto convegno annuale della International Federation for Public History (IFPH-FIHP) e il primo convegno della AIPH, l'Associazione Italiana di Public History, che si sono svolti entrambi a Ravenna nel giugno scorso, raccontati da Alessandro Iannucci.
Oltre alle consuete rubriche, la nostra rivista continua a ospitare interventi direttamente o indirettamente collegati al tema lanciato nel numero scorso e anticipato in numeri passati, anche in qualche editoriale: la possibilità/necessità di definire un vocabolario comune o, in termini più tecnici, ontologie condivise fra istituti culturali appartenenti a domini diversi e anche in virtù di questa diversità connotanti un ecosistema culturale.
Si tratta invero di una riflessione sulla quale il Sistema museale ravennate si è impegnato ormai da qualche anno, prima esplorando in un convegno l'universo MAB, poi facendo proprio il concetto di "sistema culturale integrato" come punto di arrivo del lungo e accidentato percorso di realizzazione della nuova rete romagnola. Questo percorso è accidentato perché non è connotato soltanto da profili istituzionali o amministrativi, certamente complessi, ma anche da profili culturali, assai più impegnativi e insidiosi, che anche a livello nazionale le comunità professionali coinvolte non hanno affrontato o hanno affrontato solo superficialmente o con insufficiente profondità teoretica. Dopo gli Stati generali MAB celebrati a Milano nel 2012, densi di aspettative, non è accaduto molto nella prospettiva del sistema integrato e la ricerca di un linguaggio e di ontologie sufficientemente condivise ha segnato il passo. Né il congresso MAB in programma quest'anno a Roma sembra invertire questa tendenza. Anzi tra il primo convegno milanese e quello in programma a Roma nel prossimo novembre l'esplorazione di ciò che è comune o potrebbe esserlo sembra essere stata definitivamente accantonata e sacrificata a temi più rituali declinati fra le tre associazioni secondo una sorta di manuale Cencelli inter-associativo piuttosto che sulla base di una riflessione autentica. Eppure di sistema culturale come ambito in cui si "dialettizza" il rapporto fra individuo e cultura parlava Edgar Morin sin dagli anni Sessanta. Oggi è a mio avviso più appropriato parlare di ecosistema culturale, ma rimane il fatto che anche la costruzione delle nostre identità attinge alle risorse di quel sistema (o di quell'ecosistema) nel suo complesso e che quella trama concettuale, più complessa ed euristicamente più efficace delle prospettive parziali, consente di interpretare meglio le trame del territorio e le aspettative dei cittadini/utenti/fruitori nei confronti degli istituti culturali, peraltro investiti pienamente dal cambiamento (si veda in questo numero l'eccellente intervento di Daniele Jalla sulla traiettoria evolutiva dei musei).
Museo in-forma continuerà a esplorare questi temi, continuerà ad analizzare da più punti di vista i singoli lemmi di un linguaggio possibile (patrimonio, bene culturale, catalogo, contesto ecc.). Continuerà a interrogarsi se nel nostro Paese è possibile condividere l'idea di patrimonio culturale nazionale, se è possibile realizzarla in cataloghi di nuova concezione, in policies condivise, in modelli formativi non raccogliticci e approssimativi, se la nozione di 'bene patrimoniale' possa essere qualcosa di più pregnante di un concetto ragionieristico; se quella nozione, come ha scritto Michel Melot - bibliotecario fortemente coinvolto nell'Inventaire del patrimonio francese che ha sapientemente illustrato e interpretato in Mirabilia. Essai sur l'Inventaire général du patrimoine culturel edito da Gallimard nel 2012 - possa fondare l'esistenza stessa di una comunità, se possa essere riconosciuta collettivamente nella consapevolezza che una comunità si dota di beni patrimoniali: testi orali o scritti, oggetti, monumenti, gesti, riti, monumenti... Ma forse per noi il problema è proprio questo: la difficoltà di interpretare il Paese nella sua interezza, come comunità nazionale.

Editoriale - pag. 3 [2017 - N.59]

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